Calzature, l’industria è in calo del 9%. Frenano anche i consumi degli italiani
Il settore calzaturiero nazionale archivia un primo semestre con una flessione sia nel fatturato (-9,1%) che nell’export (sceso del -8,5% in valore e del -6,8% in quantità nei primi 5 mesi). In forte calo anche l’indice Istat della produzione industriale (-19,5%). Questa la fotografia del comparto scattata dall’ultimo report realizzato dal Centro Studi Confindustria Accessori Moda per Assocalzaturifici, che rileva inoltre un decremento degli acquisti delle famiglie italiane (-2,1% sia in volume che in spesa).
«La fase di debolezza della domanda, frenata da una minor propensione all’acquisto da parte dei consumatori, dal rallentamento di diverse economie (non solo quella cinese) e dall’incertezza legata alle turbolenze geopolitiche in diverse aree del pianeta, ha fortemente penalizzato gli ordinativi, non risparmiando neppure il lusso – afferma Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici -. La congiuntura negativa sta avendo forti ripercussioni sui ritmi produttivi delle aziende, che hanno amplificato il ricorso alla cassa integrazione. Crescono inoltre i saldi negativi nel numero di addetti ed imprese attive rispetto allo scorso dicembre».
Gli effetti più significativi si sono avuti nell’interscambio con l’estero: «A soffrire, in primis, – continua Ceolini – sono state le esportazioni, da sempre il traino del comparto, visto che viene venduto fuori dai confini nazionali l’85% delle paia prodotte in Italia. A seguito della contrazione delle vendite estere (-8,5%), il saldo commerciale settoriale, pur in attivo per 2,34 miliardi di euro, denota un calo del -4,7%, malgrado il ridimensionamento delle importazioni (-11,6%)».
Esaminando nel dettaglio i dati di export, le lievi flessioni delle vendite nei partner comunitari (-1,6% in valore e -2,4% in quantità, favorite dalla tenuta dei flussi verso la Francia, +2,6% in valore e +1,5% in volume, confermatasi prima destinazione) sono accompagnate da arretramenti nell’ordine del -15% negli sbocchi extra-UE. Tra questi, gli unici segni positivi si registrano per Medio Oriente (+10,7% in valore) e Far East (+2,9%, con Cina +12,6% e Hong Kong +22,6%), ma sono da leggere soprattutto alla luce dei cambiamenti nelle strategie distributive delle griffe del lusso, particolarmente radicate in queste aree, che ora spediscono direttamente ai mercati di destinazione finali beni che prima transitavano dagli hub in Svizzera (che non a caso segna un -54,7% in valore). Gli Stati Uniti cedono il -3,5% in valore (ma con un decisamente più marcato -14,7% in volume), mentre la Russia, dopo il crollo del 2022 all’inizio del conflitto e il rimbalzo del 2023, mostra un calo del -21,7% in valore su gennaio-maggio 2023.
Anche sul fronte dei consumi interni i dati non sono positivi: nei primi 6 mesi gli acquisti delle famiglie italiane sono scesi del -2,1%, sia in volume che in spesa. Analizzando la tipologia di calzature, i cali più marcati hanno interessato le scarpe da uomo (-5,7% in quantità e -4,6% in spesa), mentre quelle per donna e per bambini/ragazzi evidenziano riduzioni nell’ordine del -3%, sia nelle paia che in valore. Le “sportive e sneakers” mostrano le contrazioni meno pesanti (-1% in volume e -0,6% in valore). La pantofoleria, infine, cede l’1,7% in quantità (malgrado la tenuta di quella per donna), con un -0,7% in spesa.
Fonte: Il Sole 24 Ore