«Cambiare il Green Deal per salvare l’industria»

«Cambiare il Green Deal per salvare l’industria»

Tecnologiche, politiche, oppure energetiche o regolamentari.

Alle numerose e crescenti asimmetrie create dall’attuale contesto geopolitico è dedicata l’assemblea congiunta di Confindustria Como e Lecco-Sondrio, svolta ad Erba davanti ad una platea di quasi 800 imprenditori. «Asimmetrie da gestire e non subire – sintetizza il presidente di Confindustria Como Gianluca Brenna – per non ritrovarsi, noi imprese, come i tassisti davanti all’arrivo di Uber». Ancora una volta, come spesso accade nelle assise di Confindustria, sono le scelte europee legate al Green Deal a finire sotto osservazione, con la richiesta di una svolta radicale nelle politiche di Bruxelles «Si è costruita un’impalcatura illogica – commenta il presidente di Confindustria Lecco-Sondrio Marco Campanari – mettendo a rischio intere filiere industriali e creando costi estremamente rilevanti per cittadini e imprese, senza peraltro raggiungere i target. Perché mentre l’Europa riduce le emissioni di 100 milioni di tonnellate, il resto del mondo le aumenta del triplo».

L’altro nodo, qui come altrove, è il crescente gap tra domanda e offerta di lavoro, con demografia e cambiamenti tecnologici a restringere progressivamente la platea dei potenziali candidati all’ingresso in azienda. «Di questo passo – spiega Brenna – i territori entrano in concorrenza per le poche risorse umane esistenti, e questo è drammatico». Education, formazione continua, valorizzazione della risorse dell’immigrazione anche attraverso un grande piano di housing sociale sono alcune delle contromisure possibili. Altro nodo per le imprese riguarda le regole, in primis l’eccesso di burocrazia. «Problema europeo ma anche italiano – commenta Campanari -, altra terribile asimmetria che blocca ad esempio gli investimenti in infrastrutture». Troppe regole ma anche troppo variabili. «Alcune spese di ricerca e sviluppo del nostro settore tessile dal 2015 al 2019 – spiega Brenna – sono state derubricate e questo non è accettabile: ne va della sopravvivenza delle imprese».

Certezza del diritto da difendere ad ogni costo anche per il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, che ha chiuso l’assemblea.

«È un tema al centro del nostro programma – spiega – perché cambiare norme ogni anno allontana l’impresa dalla fiducia verso le istituzioni e non rende un paese attrattivo per chi vuole investire. A Milano, ad esempio, ci sono 12 miliardi di investimenti bloccati per la diversa interpretazione di una norma». Svolta che Orsini chiede anche all’Europa su più ambiti, a partire dall’energia. «È un tema di competitività: in un’Europa che vuole essere forte serve un prezzo unico dell’energia. Mentre in Italia serve correre con le nuove tecnologie, quindi anche il nucleare». Altra richiesta è un’inversione di rotta sul Green Deal. «C’è stato un senso di colpa per il Dieselgate. Qualcuno, come Timmermans, l’ha cavalcato e siamo corsi a regalare le nostre tecnologie e siamo andati verso delle tecnologie che non ci appartengono». Sullo sfondo resta la nuova realtà prodotta dall’elezione di Trump, sulla base di un’agenda che dovrebbe fare da “sveglia” alla Ue su commercio, attrazione fiscale e semplificazione. «Mentre in 5 anni gli Usa fanno 3mila norme – spiega – l’Europa ne realizza 13mila. Oggi il mondo è globale e l’Europa deve capirlo: dobbiamo semplificare e incentivare, premiando chi decide di investire qui».

Fonte: Il Sole 24 Ore