Canti di persone e natura nello struggente Nicaragua

Canti di persone e natura nello struggente Nicaragua

«Madre, cosa potresti dare, dal tuo piccolo ventre tante bellezze bionde e tesori tropicali, tanto lago d’azzurro, tanta rosa d’oro, tante dolci colombe, tante tigri…»: i versi che Rubén Darío, il poeta cantore delle meraviglie umane e paesaggistiche del suo Nicaragua, verranno più volte in mente nel viaggio alla scoperta di questo stato immerso nella giungla dalla quale spuntano i coni dei vulcani, punteggiato da laghi smeraldo in cui i tesori della natura fanno da contraltare alla cappa oppressiva del regime del presidente Daniel Ortega. Secondo per grandezza solo al Messico, ma con una densità di appena 44 abitanti per km quadrato, confina e condivide l’ecosistema delle foreste vergini con Honduras e Costa Rica, e soprattutto gode di una sorte balneare assai benigna, visto che è bagnato e benedetto sia dall’Oceano Pacifico sia dal mar dei Caraibi.

Ebbene, Managua, la capitale che dal cielo dà l’impressione di un villaggio che si è fatto strada tra gli alberi, accoccolato sulla riva meridionale dell’omonimo lago, è l’ombelico di tutto il Nicaragua, attorno al quale gravitano un milione di persone, pari a un sesto della popolazione: sembra che, come un pifferaio magico, essa nella sua interezza si presenti alle adunanze, comizi, riunioni di Plaza de la Revolución, l’oceanico spazio pubblico in cui nel luglio 1979 i guerriglieri sandinisti entrarono vittoriosi. Il racconto di quei giorni viene propinato a qualunque viaggiatore straniero: bisogna leggere tra le pieghe del viso del suo autore per capire quanto egli sostenga il regime. Più sincera pare la devozione che spinge i fedeli a pregare dinnanzi alla facciata dell’Antigua Catedral, in pratica un guscio vuoto dopo il terremoto che la colpì nel 1972, facendo cadere al suolo gran parte delle sue vestigia coloniali: mai più ricostruita, è il paradigma di questo Paese. Scegliere di trascorrere qualche ora al Mercado oriental desta da questo senso di narcosi: la frutta esotica più strabiliante, dal frutto dell’albero del pane al tamarindo, trascinata sui carretti da agricoltori sempre sorridenti, le bancarelle colme di verdure, e soprattutto i tavolini dalle tovaglie in carta sulle quali sono stati disposti i creativi manicaretti dello street food – i quesillo ripieni di formaggio, le banane fritte chiamate tajadas, l’insalata vigoron composta da pelle di maiale fritta, puré di manioca e cavolo sott’aceto vanno provati senza esitazione – restituiscono vigore a Managua. Prima di lasciarla si può raggiungere il Puerto de Salvador Allende, altra zona animata della capitale, e da lì imbarcarsi alla volta del Municipio di San Francisco Libre per assistere al rientro delle barche, e alle danze spesso inscenate dalle donne del posto che fanno roteare le voluminose gonne.

A Granada, il lascito architettonico e culturale della colonizzazione ispanica è frutto del senso estetico coltivato dal conquistador Francisco Hernández de Córdoba che ne prese possesso nel 1524, facendo erigere edifici religiosi e palazzi che replicavano gli stilemi allora in voga nella madrepatria. Il contesto naturalistico è davvero eccelso, grazie alla presenza di quel Gran Lago del Nicaragua in cui paiono fluttuare i 365 isolotti di origine vulcanica che formano l’arcipelago delle Isletas de Granada. A vegliare Granada è sua maestà Mombacho, il vulcano spento dal superbo cono posto a un’altitudine di 1345 metri, dal quale si dominare la “Gran Sultana”, come è chiamata Granada, circondata da una foresta tropicale intonsa, come si percepisce anche durante le escursioni al Parco Nazionale dell’Arcipelago di Zapatera, ammirando gli uccelli nella Riserva naturale Laguna de Apoyo o pagaiando sul fiume Manares nella Laguna di Mecatepe y Domitila,

Tornando in città, lungo Calle La Calzada si incontrano indigeni con corone di piume naturali. Volteggiano pappagalli dalle variopinte livree, mentre la celebrazione delle messe procede a ritmo serrato in quella Cattedrale dalle cupole bombate e rosse, e la facciata gialla come una torta ripiena (alla Pasteleria Maria Elena, invece, i pasticcini sono veri e squisiti). Tanti palazzi coloniali si sono convertiti in boutique hotel dagli affascinanti patio, immersi in giardini lussureggianti come il Plaza Colon, che lambisce il Parque Central, e l’Hotel Dario con cortili intimi tra gli alti palmeti, mentre la Casa del Consulado nel nome e negli arredi tradisce la sua originale di residenza e diplomatica.

Dopo Granada e l’immancabile viaggio a ritroso nel tempo della colonizzazione spagnola, in Nicaragua si può compiere un’altra virata culturale e geografica: nella regione autonoma del Caribe Sur, infatti, la popolazione tra Bluefields, Kukra hill, El Ayote, Nueva Guinea, Laguna de Perlas, e la Cruz del Río Grande è prevalentemente di origine africana, fiera del proprio retaggio fatto di danze, cibi, costumi, di cui si è resi partecipi soprattutto alle Corn Island, la destinazione ideale per rilassarsi su spiaggia di sabbia bianca e sottile. A Great Corn e Little Corn si possono compiere catartiche immersioni tra gli squali martello, per bearsi della ricchezza corallifera dei fondali, in particolare a Blowing Rock o al Tarpon Channel.

Fonte: Il Sole 24 Ore