Cara tecnologia, lasciaci sbagliare: perché gli errori ci rendono più forti

Cara tecnologia, lasciaci sbagliare: perché gli errori ci rendono più forti

Questo concetto è davvero fondamentale perchè tutto ciò che è “istinto”, “pancia”, “intuizione” sul lavoro non è altro che “elaborazione di errori”. Il bancario (o banchiere) che concede credito a un progetto perché “al di là dei numeri qualcosa mi dice che funzionerà” senza accorgercene sta aprendo nella sua testa il file degli errori passati, li sta elaborando e sta prendendo una decisione che è molto meno “irrazionale” di quanto si possa pensare.

Questo processo nasce dall’esperienza dell’errore. Il bancario che per decenni eroga il credito unicamente sulla base delle elaborazioni di un algoritmo non sbaglia mai per definizione, ma perde “fiuto”, “intuizione”, “capacità decisionale”, facoltà intellettive molto preziose nei momenti decisivi, nei momenti di ambiguità e di incertezza, quando neanche il Var riesce a cogliere perfettamente la verità di un calcio di rigore.

2) Poter sbagliare significa maturare affrontando le conseguenze dell’errore. Quando commettiamo un errore siamo costretti a fare i conti con situazioni spiacevoli, che però costituiscono una componente essenziale delle nostre vite, professionali e non: la vergogna, la delusione, la tentazione di mollare di fronte alle cadute, la necessità di spiegarsi e di chiedere scusa. L’errore ci rende meravigliosamente umani, ci porta in dote il senso del limite e ci insegna a dare il giusto peso alle cose. Per esempio: apprezziamo di più il vero valore del denaro quando un investimento ci va male e l’abbiamo scelto noi, o quando ci va male nonostante sia stato suggerito da un algoritmo? Siamo più bravi nel gestire la rabbia di un cliente deluso quando sentiamo di aver commesso un errore personalmente, o quando non percepiamo l’errore perché ciò che è accaduto dipende da un flusso informatico “infallibile”?

3) Poter sbagliare significa avere uno stimolo al perfezionamento. Questo concetto è molto immediato per artisti e sportivi. Per suonare la nota perfetta il violinista deve ripetere quel gesto specifico fino alla nausea. Il cestista che non può sbagliare il tiro da tre decisivo ha ripetuto quello stesso movimento migliaia di volte. Una frase molto bella è attribuita a Bruce Lee: “Non temo l’uomo che ha tirato 10.000 calci, ma temo l’uomo che ha praticato un solo calcio 10.000 volte”. Perché tormentarsi con la ripetizione? Per portare verso lo zero la possibilità di errore, una possibilità che esiste. Se sbagli una nota rovini il concerto, se sbagli la tripla decisiva perdi la partita.

Se invece la possibilità dell’errore è annullata dalla tecnologia viene meno anche lo stimolo a perfezionarsi, che significa pazienza, disciplina, capacità di “annoiarsi” quando si fa sempre la stessa cosa, capacità di resistere anche quando si ha l’impressione di “odiare ciò che si fa”.

Fonte: Il Sole 24 Ore