Carlo Levi, un museo di oggetti del cuore
Di giorno danno un senso di rapimento e straniamento, di notte, immersi nel buio, assumono un aspetto inquietante e pieno di fascino. I calanchi, anima di Aliano, il borgo della Basilicata in cui Carlo Levi fu confinato dal regime fascista nel 1935 e dove riposano le sue spoglie, lasciano disarmati nella loro maestosità. L’intellettuale torinese, che dal terrazzo della sua casa bianca aveva dinanzi un paesaggio indimenticabile, così come dal cimitero dove spesso andava a dipingere, ne fu conquistato. Imparò presto ad amare quella terra.
È qui, dunque, che bisogna tornare per capire a fondo Carlo Levi, e ora, a cinquant’anni dalla morte (4 gennaio 1975 all’età di 73 anni), se ne ha un motivo in più. Il Comune guidato da Luigi De Lorenzo, infatti, ha acquisito oggetti, libri e mobili che danno un’idea delle passioni e della quotidianità dello scrittore e pittore. Un piccolo ma significativo completamento del “patrimonio” leviano nel minuscolo paese a un’ora di strada da Matera, oggi noto per il festival La luna e i calanchi organizzato dal poeta Franco Arminio, che per la prima volta ha scommesso anche su una versione invernale della manifestazione. Un tempo, invece, il paese era privilegiato dal regime per la sua posizione remota (Levi, in prima battuta, fu mandato a Grassano, dove però c’era la stazione che avrebbe potuto agevolare i contatti con il resto del mondo).
A Palazzo De Leo, a un passo da casa Levi («l’ultima sul ciglio del precipizio», la rievoca in Cristo si è fermato a Eboli), saranno allestite sei sale che Il Sole 24 Ore ha potuto visitare in anteprima e che saranno inaugurate nel corso dell’anno – il 2025 segna anche gli 80 anni dalla pubblicazione del Cristo – probabilmente il prossimo 26 maggio, giorno in cui (nel 1936) il confinato Levi lasciò Aliano grazie a un’amnistia. Al centro dell’esposizione gli affetti, il “suo” mondo femminile (la compagna di una vita Linuccia Saba, Paola Olivetti, la madre Annetta Treves, Maria Marchesini, Anna Maria Ichino, Luisa Orioli, le sorelle), le amicizie (come Rocco Scotellaro e Umberto Saba), l’esperienza del confino, le attività di scrittore e pittore. Accompagneranno questo fil rouge tanti oggetti, a partire dal cavalletto con il quale dipingeva, insieme a colori, gessetti, una varietà di pennelli e le lampade a corredo; le macchine da scrivere, una Olivetti Studio 42 e una Studio 44; una pipa, il tabacco, le sigarette Celtique, carte da gioco, gli occhiali da sole e tanti altri elementi che facevano parte delle sue giornate a villa Ruffo, a Roma (e non solo). Una valigetta di pelle con la toeletta da viaggio tipica di un uomo dell’alta borghesia ci riporta a quegli anni, così come un tavolo con sei sedie di un intenso giallo, detto “il tavolo dei poeti”, perché vi si riunivano in circolo le voci intellettuali del tempo, da Italo Calvino a Mario Soldati, e poi l’elenco delle onorificenze ricevute da Levi, tra cui quella di papa Paolo VI, e alcuni mini cataloghi delle mostre di pittura che teneva negli anni Sessanta. Agli oggetti leviani si affiancano quelli di Saba (inclusa una piccola collezione di porcellane inglesi), mentre i volumi di entrambi non sono esposti perché vanno esaminati e catalogati, spiega il sindaco. Che aggiunge di aver acquisito tutto qualche tempo fa da Raffaella Acetoso (figlia del marito di Linuccia Saba, Lionello Zorn Giorni) quale erede universale di Levi (oggi, dopo la sua morte, ad occuparsi del lascito è il nipote di lei Mattia Acetoso, italianista che insegna a Boston). Un investimento di 55mila euro con cui Aliano rafforza ulteriormente il suo legame con Levi, testimoniato dalla Pinacoteca che ospita 23 sue opere, lettere e documenti sul confino, foto con Saba, Pasolini, Ortega, Guerricchio, oltre a sette litografie del Cristo pubblicate poco prima di morire e donate al Comune nel dicembre 1974, data della sua ultima visita.
La casa di Aliano in cui Levi visse, e che pianificava di comprare, è vuota, ma nella sua nudità (alle pareti vi sono frasi tratte dalle efficaci descrizioni contenute nel romanzo) lascia immaginare quale potesse essere la vita di quegli otto mesi, tra la cucina, lo studio in cui faceva entrare di nascosto i contadini per curarli (prima di essere scrittore e pittore, Levi era un laureato in Medicina), la camera da letto, il terrazzo, «un gabinetto, senz’acqua naturalmente… col sedile di porcellana. Era il solo esistente… non se ne sarebbe trovato un altro a più di cento chilometri…». A palazzo Scardaccione è allestita la mostra fotografica dei funerali dello scrittore, con le bellissime immagini di Augusto Viggiano che seguì le esequie a Roma documentando l’ultimo viaggio di Levi e l’approdo in Basilicata, tra i calanchi. Infine la tomba, semplice, stretta tra due pareti di mattoni che la proteggono, in linea con l’essenzialità del luogo e del personaggio.
Si capisce, dunque, perché la candidatura di Aliano a capitale italiana della Cultura per il 2027 si articolerà in diverse tappe leviane, da Sud a Nord, nel corso di quest’anno: Matera, Potenza, Roma, Firenze, Alassio (dove Antonio Ricci ha acquisito la villa e sta risistemando il giardino tanto amato dal pittore), Torino, Trieste (per il legame con Saba).
Fonte: Il Sole 24 Ore