Caso camici, il governatore lombardo Fontana prosciolto

Caso camici, il governatore lombardo Fontana prosciolto

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana è stato prosciolto «perché il fatto non sussiste» con altre quattro persone dall’accusa di frode in pubbliche forniture per il caso dell’affidamento nell’aprile 2020 da parte della Regione di una fornitura, poi trasformata in donazione, da circa mezzo milione di euro di 75 mila camici e altri dpi a Dama, società del cognato Andrea Dini. Lo ha deciso il gup di Milano Chiara Valori.

Gli altri imputati prosciolti

Il giudice ha deciso che non è necessario un processo nemmeno per lo stesso Dini, per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e per Pier Attilio Superti, vicesegretario generale della Regione.

Fontana: sempre avuto fiducia nella giustizia

«Sono felice. Felice innanzitutto per aver tolto un peso enorme ai miei figli e a mia moglie. E poi i lombardi, tutti quei lombardi, e sono moltissimi, che mi hanno sempre sostenuto» è stato il commento di Fontana dopo il prosciglimento. «Condivido con loro la soddisfazione di vedere riconosciuta la mia onestà e la mia volontà di agire sempre, solo e comunque per il bene dei miei cittadini. E infine un ringraziamento enorme ai miei legali, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, per il grande lavoro che ci ha consentito di avere giustizia. Giustizia nella quale ho sempre avuto fiducia».

La ricostruzione dell’accusa

Secondo l’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, in base al contratto del 16 aprile 2020 Dama, che detiene il marchio Paul&Shark, avrebbe dovuto fornire 75mila camici e altri 7mila set di dpi per un importo di 513mila euro. Quando emerse il conflitto di interessi (la moglie di Fontana, Roberta Dini, aveva il 10% di Dama), gli indagati, per i pm, avrebbero tentato «di simulare l’esistenza» dall’inizio «di un contratto di donazione» per lo meno per i 50mila camici già consegnati e la restante parte, però, 25mila “pezzi”, non arrivò più ad Aria. Da qui l’accusa di frode in pubbliche forniture. Accusa che è stata cancellata dalla decisione del gup.

Nessun illecito né penale né civilistico, hanno sempre sostenuto i difensori del governatore bensì una fornitura che si è trasformata in donazione e che ha consentito alla Regione «di risparmiare 513 mila euro». Non c’è mai stata, spiegava la difesa, «alcuna gara, ma una offerta d’urgenza accettata come una fornitura a pagamento» di dispositivi che poi “si è deciso di donare». Per l’accusa, invece, il governatore, «previo accordo con Dini» decise di «pagare, a titolo personale, in favore di Dama il prezzo» dei camici, con il tentativo di effettuare un bonifico di 250mila euro per il cognato da un conto svizzero. E per i restanti 25mila camici, secondo i pm, si intervenne su Bongiovanni «affinché rinunciasse alle residue prestazioni» per contenere il «danno economico» di Dama. Ipotesi tutte cadute.

Fonte: Il Sole 24 Ore