Caso Toti, perché la guida della Liguria scatena lo scontro nel centrodestra

Caso Toti, perché la guida della Liguria scatena lo scontro nel centrodestra

Toti deve resistere o dimettersi per l’inchiesta in Liguria? «È una scelta sua, ma credo che adesso sia prematuro, si deve aspettare, comunque, deve scegliere lui se continuare o dimettersi». Il numero uno di Fi, Antonio Tajani, è solo l’ultimo dei leader del centrodestra ad essere prudente in merito a un ritorno anticipato alle urne in Liguria. Da una parte, con le inchieste ancora in corso, c’è il rischio che un voto magari in autunno sia controproducente per la coalizione. Dall’altro, ci sono le tensioni tra Fratelli d’Italia e Lega. I primi ambiscono a conquistare con un loro uomo la prima regione del Nord, con un occhio anche alla preda più grande, vale a dire il Veneto. Dall’altro c’è la Lega, che al momento è il partito più forte nella amministrazione regionale, che rischia però di uscire ridimensionato da un voto anticipato.

Liguria

Giovanni Toti, faceva ancora parte di Forza Italia (era nell’ala che più guardava alla Lega) quando nel 2015 è diventato per la prima volta governatore della Liguria. Nel 2020, quando è stato riconfermato aveva già lasciato Fi per formare la sua formazione centrista “Cambiamo!”. Adesso è parte di Noi moderati, l’ala centrista del centrodestra guidata da Maurizio Lupi, che per le elezioni europee ha stretto un patto per formare una lista unitaria con Forza Italia.

La Lega

Non è un caso che tra i più strenui difensori di Toti ci sia stato il leader della Lega Matteo Salvini. La Lega è al momento il partito più forte nella maggioranza di centrodestra in Liguria, esprimendo anche il vicepresidente della Regione Alessandro Piana. Ma rispetto al 2020 ne è passata di acqua sotto i ponti. Alle politiche del 2022 Fratelli d’Italia è balzato in regione al 24% doppiando ampiamente la Lega (9,3%), mentre alle regionali del 2020 i rapporti di forza erano invertiti (17% la lega e 10,8% Fdi). Difficilmente la Lega potrebbe esprimere ora il proprio candidato governatore sostenuto da tutta la coalizione. Potrebbe anche appoggiare un candidato di Fdi, nella speranza di distogliere le mire dei meloniani dal Veneto, dove si voterà nel 2025. Ma i piani di Fdi sembrano altri.

Fratelli d’Italia

Il partito di Giorgia Meloni si trova in una situazione anomala. Pur essendo ampiamente il primo partito della coalizione, amministra con un suo uomo solo l’Abruzzo e le Marche (a cui si potrebbe aggiungere anche il Lazio, visto che il governatore Francesco Rocca, pur se come indipendente, è molto vicino alla premier), su un totale di tredici regioni (più la provincia autonoma di Trento) governate dal centrodestra. Nessuna regione quindi al Nord ha un presidente di Fdi. La Liguria potrebbe essere un primo passo per ristabilire gli equilibri nella coalizione. Tuttavia ci sono due incognite. Fdi non ha ancora un nome forte da spendere in Liguria (si potrebbe alla fine convergere su un civico). Inoltre, con le indagini su Toti ancora in corso, una vittoria in Liguria non è scontata.

Il nodo Veneto

Anche perché Fratelli d’Italia non ha fatto mistero di puntare una preda ben più grande della Liguria: il Veneto, dove si voterà l’anno prossimo. Qui un candidato in pectore meloniano c’è già: Luca De Carlo, presidente della commissione agricoltura del Senato. Anche perché, fallito il tentativo di consentire il terzo mandato per i governatori, l’attuale presidente leghista Luca Zaia, pur in cima ai consensi, non potrà ripresentarsi. Tuttavia, difficile che la Lega la dia vinta a FdI senza combattere in Veneto. Senza contare che ogni scelta dovrà passare per un accordo con Zaia, che, forte del milione di voti incassato dalla sua lista nel 2020, avrà di fatto una sorta di diritto di veto sul nuovo candidato. Forse per questo per Fdi sarebbe meglio intanto puntare sulla Liguria. Ma non subito.

Fonte: Il Sole 24 Ore