Cassazione stabilisce obbligatorietà percorsi di recupero”
Il giudice non può negare all’autore della violenza di genere il beneficio della sospensione condizionale della pena, perché non ha acconsentito a partecipare ai percorsi di recupero. I percorsi sono, infatti, un obbligo e non una facoltà. E l’adesione dell’imputato si deve considerare implicita dal momento in cui fa la domanda per accedere alla misura alternativa. La Cassazione, accoglie dunque, sul punto, il ricorso di un condannato per lesioni e maltrattamenti a danno della sua convivente, contro la decisione del giudice di precludergli la strada della sospensione condizionale, per i reati di genere, come previsto dall’articolo 165, comma quinto del Codice penale, a causa del suo mancato consenso a farsi asssistere psicologicamente dai professionisti che lavorano presso gli enti e le associazioni che si occupano di prevenzione.
Il Codice rosso e le norme sovranazionali
L’articolo 165, comma 5 è stato introdotto dal Codice Rosso sulla scia delle norme sovranazionali.
Dalla Raccomandazione Rec(2002)5, del Comitato dei ministri agli Stati membri sulla protezione delle donne contro la violenza – con la quale i Paesi membri erano invitati a intraprendere azioni positive per proteggere le vittime ad iniziare proprio dai programmi d’intervento per gli autori delle violenze – alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica che, tra le altre prescrizioni, impone ai contraenti di adottare le misure utili a istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per indurli a comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali.
Sulla stessa linea si colloca anche la direttiva del 14 maggio 2024 n. 2024/1385/Ue sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, entrata in vigore il 13 giugno 2024, che si occupa espressamente dei programmi di intervento per gli uomini autori di violenza.
Fonte: Il Sole 24 Ore