La Commissione Ue presenta misure per il settore vitivinicolo, inclusi Qr code per l’etichettatura e definizione di vini alcol free
Fonte: Il Sole 24 Ore
Tradizioni popolari
Ad applaudire è anche il presidente regionale di Terranostra Campagna, l’associazione che rappresenta gli agriturismi di Coldiretti. «Questo risultato testimonia l’importanza della tradizione veneta, un equilibrio tra radici storiche e contaminazioni culturali, che ha dato vita a una gastronomia ricca di varianti, anche a livello locale. Il Veneto, da sempre terra di tradizioni ma anche di scambi e reinterpretazioni culinarie, vanta un patrimonio di produzioni animali e vegetali che rappresenta un vero giacimento di conoscenza e qualità, che rischia di andare perduto se non adeguatamente tutelato».
Tra i piatti registrati spicca il “Fegato alla veneziana”, piatto che è entrato nella memoria di tutti grazie alla citazione nel film “La grande guerra” del regista Mario Monicelli che ha vinto il Leone d’Oro della 59^ edizione del Festival del Cinema di Venezia. «Gli agriturismi – continua Scaramuzza – in particolare, sono da sempre protagonisti nella valorizzazione di questi piatti tradizionali, spesso a base di ingredienti locali frutto delle coltivazioni e degli allevamenti tipici della regione. Un esempio emblematico è lo zabajon, che, secondo le tradizioni popolari, le nonne preparavano già secoli fa per i nipoti con un semplice uovo sbattuto, noto anche come “sbatudin”. I cuochi contadini non solo supportano la conservazione di queste ricette, ma ne raccontano anche la storia, preservando e diffondendo una parte fondamentale della cucina e della cultura veneta».
L’origine del baccalà
Fra i cibi inseriti c’è il baccalà, e a seguirne le tracce è stato Paolo Caratossidis founder del network di imprese Eccellenze Venete e promotore del Festival della Cucina Veneta dal 2019. Quello che emerge è un sicuro legame fra la tradizione ebraica e il baccalà nella cucina veneta. Fin dal XII secolo, la comunità ebraica si è stabilita in Veneto, adattando le proprie tradizioni culinarie alle risorse locali e alle prescrizioni religiose della cucina kasher. Questo adattamento ha portato alla nascita di piatti che combinano ingredienti locali con le regole alimentari ebraiche, arricchendo il patrimonio gastronomico della regione.
Sebbene la tradizione veneta attribuisca l’introduzione del baccalà al mercante Pietro Querini nel XV secolo, alcune fonti – segnala la ricerca – suggeriscono che la diffusione di ricette a base di baccalà potrebbe essere stata influenzata anche dalla comunità ebraica locale. Ad esempio, la preparazione del baccalà al latte, diffusa in tutto il Veneto, potrebbe avere origini ebraiche, simili ad altre ricette come “l’oca in onto” o le “sarde in saor”.
«La riscoperta delle possibili origini ebraiche di alcune ricette tradizionali venete a base di baccalà sottolinea l’importanza delle interazioni culturali nella formazione delle tradizioni gastronomiche locali», spiega la ricerca. «Questa nuova prospettiva arricchisce la comprensione del patrimonio culinario veneto, evidenziando come la cucina sia un terreno di incontro e fusione tra diverse culture».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Come ricordato in precedenza, nel 2022 l’Unione europea ha vissuto l’estate più calda mai registrata fino ad allora e,
di conseguenza, il record di superfice colpita dalla siccità: 631.000 km² pari al 15,4% della sua superficie totale
contro il 4,1% del periodo 2000-2022.
La mappa 2 mostra ampie zone di Belgio, Germania, Francia, Croazia, Lussemburgo,
Portogallo e Slovenia gravemente colpite dalla siccità. Ad esempio, in Lussemburgo la siccità ha colpito il 71,7% del
territorio, 6,5 volte più della media a lungo termine (11,0%) registrata nel periodo 2000-22.
Nel 2022, 145 province europee hanno subito l’impatto della siccità su almeno il 45% di tutto il territorio (nella
tonalità più scura nella mappa 2).
Tra queste ce ne sono cinque in Italia: Monza-Brianza (oltre 73%) Milano, Lodi, Asti, Oristano e Imperia (al 45,4%). Ma
diverse altre province hanno registrato dati superiori al 30%. Risparmiate diverse province del Sud.
La regione centrale slovena di Zasavska ha registrato la quota più alta (97,2%) e anche la differenza maggiore rispetto
alla media 2000-2022 (oltre 90 punti percentuali). È seguita da tre regioni nel Belgio nord-occidentale: Arr. Tielt,
Arr. Aalst e Arr. Oudenaarde, ciascuna con quote comprese tra l’85,4 e l’87,5%.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Nel documento presentato dai club si fa riferimento alla possibilità di una conferma della dichiarazione di pubblico interesse entro e non oltre il 30 giugno 2025, con la previsione dell’impegno a stipulare l’atto di acquisto dell’area entro il 31 luglio 2025. Anche perché a novembre scatterà il vincolo architettonico sul secondo anello del Meazza.
Nelle 250 pagine del Docfap ci sono anche alcuni dettagli sull’operazione in gran parte già noti. L’intervento costerà 1,2 miliardi di euro per realizzare uno stadio che avrà una capienza di circa 71.500 posti e che sarà operativo 365 giorni l’anno. Per la precisione (1250 milioni di euro, 708 per il nuovo stadio e 390 milioni per il comparto plurivalente).
L’impatto economico dell’intervento sull’area della Grande funzione urbana di San Siro e sul quartiere popolare adiacente è stimata in 4,6 miliardi di euro. La realizzazione del solo stadio, che stando al progetto sarà operativo dal 2031, vale circa 700 milioni di euro (per l’esattezza 708 milioni suddivisi in 583,7 milioni per l’impianto e 124,2 milioni per il podio sopraelevato). Le aree esterne e le infrastrutture richiederanno un investimento di 102,8 milioni, di cui 68,1 milioni destinati al rifacimento del Tunnel Patroclo.
Il comparto polifunzionale costerà complessivamente 390,1 milioni di euro, includendo 371,4 milioni per la realizzazione degli edifici e il recupero della parte del secondo anello dell’attuale San Siro (la cosiddetta rifunzionalizzazione, con abbattimento di gran parte della struttura, prevede l’utilizzo per creare «un comparto a uso hotel, uffici e negozi, con spazi destinati alla cittadinanza e specifiche funzioni rivolte alla comunità, tra cui aree per anziani e giovani») e il resto destinato a infrastrutture e spazi esterni. Inoltre, 33,6 milioni saranno investiti nella centrale energetica dell’impianto, portando il totale a 1,23 miliardi. Considerando i costi di manutenzione dello Stadio Meazza fino al 2030, l’importo complessivo sale a 1,25 miliardi. Per la sola ristrutturazione dello stadio invece i costi sarebbero pari a 836 milioni.
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Fonte: Il Sole 24 Ore
Realizzate con componenti elettrici ed elettronici diretti ai maggiori brand globali dell’auto (due terzi del business), del movimento terra, e degli autoveicoli in generale. Percorso che prosegue sia attraverso lo sviluppo organico che le acquisizioni, con tre operazioni realizzate negli ultimi quattro anni investendo nel complesso 50 milioni. Per i caricabatterie e convertitori di potenza di Edn, le antenne di Calearo Antenne, le centraline controllo motore di Efi Technology, operazione, quest’ultima, finalizzata a gennaio.
«La nostra idea è quella di inserire prodotti interessanti o tecnologie che non possediamo. Se è vero che i volumi delle vetture nel mondo in media andranno a contrarsi, l’unica soluzione per incrementare i ricavi è quella di avere una penetrazione maggiore all’interno del singolo veicolo, arrivando a fornire un numero più alto di componenti. E’ la strada che stiamo seguendo, con risultati importanti».
Il cuore dell’attività del gruppo fondato a Codogno nel 1954 dalla famiglia Falchetti riguarda sviluppo e progettazione, innovazione a cui è dedicato oltre l’11% dei ricavi e una platea di oltre 300 ingegneri, dislocati a Codogno ma non solo. Il nuovo centro di ricerca aperto a Torino per sviluppare elettronica di potenza è solo un esempio, con una spinta che porterà ad estendere le attività di laboratorio e testing in tutte le sedi Mta, in modo da accelerare il time to market verso i clienti. Prodotti sfornati dalle oltre 200 linee di assemblaggio presenti nei vari siti, tra prodotti elettrici ed elettronici. Che spaziano dai fusibili ai cruscotti digitali, dalle centraline di distribuzione ai connettori, dai caricabatterie alle antenne.
Decisiva è la presenza internazionale per un gruppo che oltre ai cinque siti produttivi italiani ne detiene altri in Messico, Slovacchia, India, Marocco e Brasile, dove ora si va al raddoppio. «Se in Italia le performance sono quelle note, in Brasile il gruppo Stellantis va invece molto bene e per questo abbiamo deciso di investire nel paese altri 12 milioni di euro per un nuovo impianto. Saremo così in grado di aumentare la produzione ma anche di realizzare fasi nuove, come la tranciatura. Altro ampiamento in vista è quello in India, dove potenzieremo la produzione, i laboratori e la progettazione».
Tra i possibili sviluppi futuri per il gruppo, che occupa oltre 1800 addetti, vi è la ricerca di un partner in Cina, in modo da poter avviare una produzione locale al servizio del nuovo mercato interno, in crescita dirompente. «Se in passato Pechino importava in modo più massiccio, ora che la qualità è cresciuta gli acquisti si concentrano sulla produzione locale. Stiamo parlando con alcuni componentisti, per provare ad impostare una partnership che ci consenta di produrre in loco per il mercato locale».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Energia eolica, in Italia vincono le regioni del sud
Fonte: Il Sole 24 Ore
Tra queste diverse italiane, a cominciare da Brindisi cui spetta il record di produzione energetica da fotovoltaico, con più di 1.292 MWh per km², tallonata dalla vicina Lecce con 1.240 MWh. Oltre la soglia di 500 MWH anche Taranto e Ravenna, mentre Cagliari, Viterbo, Pesaro-Urbino, Agrigento, Siracusa e Monza-Brianza sono sopra quota 300. Male, cioè sotto i 10 MWh per km², Trento, Bolzano, Belluno, tutte le province liguri, Siena, Rieti e Reggio Calabria.
Tornando all’Europa, le regioni più settentrionali di Finlandia e Svezia, così come i paesi baltici, hanno registrato, in questo caso senza sorpresa, alcuni dei livelli più bassi di produzione di energia fotovoltaica.
Nel nord della Spagna e del Portogallo, così come gran parte della Croazia e della Romania, si concentrano invece le province con livelli di produzione relativamente bassi, lasciando inutilizzato il potenziale di energia solare di territori rurali meno sviluppati.
In 122 province europee la produzione di energia fotovoltaica era inferiore a 1,5 MWh per km², con 26 che non segnalavano alcuna produzione, la maggior parte delle quali comprensibilmente in Finlandia.
Nella programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali europei, l’Unione ha aumentato di oltre una volta e mezza le risorse a disposizione della decarbonizzazione rispetto ai sette anni precedenti, portandole a quasi 130 miliardi di euro, più di un terzo dell’intera dote della politica di coesione.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Gli smartworker che lavorano nei coworking sul territorio vengono dotate di un kit per lo smartworking che comprende un secondo monitor ultraleggero e portatile, alzatine e tastiere ergonomiche, zaino, felpa, borraccia e tappetino per il mouse tutto realizzato con materiali ecosostenibili. Oggi, racconta Aurelio Agnusdei, country manager Italia, «l’azienda ha consolidato un modello attorno a due hub principali a Roma e Milano, arricchiti da una rete di coworking selezionati dove le persone possono scegliere in base alle loro esigenze.
In un contesto in cui molte aziende stanno ridefinendo le proprie strategie sul lavoro a distanza, privilegiando il rientro in ufficio, in Grenke abbiamo scelto un modello organizzativo che valorizza lo smart working, prevedendo un solo giorno di rientro in sede a settimana e consolidando la visione di un ambiente professionale basato sulla flessibilità, sull’efficienza e sull’orientamento ai risultati. Lo smart working non si limita al lavoro da remoto, ma significa lavorare per obiettivi, adottando un sistema fondato su tre direttrici principali: tecnologia (bytes), spazi (bricks) e comportamenti (behaviours)».
Integrare il benessere psicologico nelle strategie aziendali, continua Agnusdei «non è più un optional, ma una necessità per migliorare la produttività, l’innovazione e la competitività. Come azienda, l’obiettivo primario di Grenke è quello di creare un ambiente che favorisca l’engagement, stimoli la creatività e, al contempo, promuova il benessere psicofisico di chi lavora con noi. Questo è il fondamento di una cultura organizzativa che guardi al futuro senza mai dimenticare le persone e il valore che possono generare».
Tutto questo viene confermato da un’indagine interna da cui è emerso che nel 2024 «la soddisfazione generale delle persone è cresciuta dell’1,5% – dice Agnusdei -. Il trend è +10% complessivo negli ultimi 3 anni, quindi rispetto al 2021 pre-smart working, per cui l’introduzione dello smart working ha influito positivamente sul benessere delle persone. In particolare sul tema lavoro agile il gradimento è aumentato del 2% nel 2024 e ancora migliore è la valutazione sul worklife balance: +3% nel 2024».
Le prospettive
Tornando alla ricerca di Iwg, si ha effettivamente la conferma che le aziende flessibili sono più fiduciose sulle proprie prospettive di crescita e sull’aumento del personale. Oltre due terzi (67%) delle aziende ibride sono fiduciose che la loro attività crescerà nel 2025 e quasi la metà (48%) è sicura di poter assumere nuovi dipendenti, mentre nelle aziende tradizionali le percentuali scendono rispettivamente al 51% e 38%. I leader delle aziende ibride hanno citato numerosi vantaggi di questo modello, tra cui una maggiore soddisfazione dei dipendenti (53%), fidelizzazione (43%) e produttività (46%).
Fonte: Il Sole 24 Ore
Propedeutico alla partecipazione dell’azienda alla competizione per l’ingresso in qualunque Classifica di Great Place to Work® è l’ottenimento della Certificazione, con il raggiungimento di una soglia minima di soddisfazione generale della popolazione (media Trust Index©) espressa attraverso il questionario Trust Index©.
La Certificazione è il primo livello di riconoscimento della qualità dell’ambiente di lavoro e attesta che l’organizzazione è un great place to work.
Il Modello© su cui si basa il questionario Trust Index© mette in evidenza come un ottimo ambiente di lavoro sia caratterizzato da elevata Fiducia al suo interno, secondo le tre relazioni fondamentali che si instaurano nell’organizzazione, raggruppate in 5 Dimensioni: una relazione di fiducia reciproca tra management aziendale e collaboratori (Credibilità, Rispetto ed Equità), il rapporto di Orgoglio per il proprio lavoro e per l’organizzazione di cui si fa parte, e la relazione con i colleghi (Coesione).
Il riconoscimento successivo e più sfidante, è la Classifica Best Workplaces™ Italia. Questa, a differenza della Certificazione, non considera esclusivamente il punteggio di sintesi (la media Trust Index©) emerso dal questionario, ma il peso complessivo dell’opinione dei collaboratori è preponderante: vale, infatti, il 75% del punteggio. Il restante 25% consiste nella valutazione di Great Place to Work® di un questionario a compilazione da parte del management aziendale, il Culture Audit©, nel quale l’organizzazione descrive come realizza l’eccellente ambiente di lavoro rispetto al quale i collaboratori si sono espressi.
L’intera metodologia, utilizzata a livello internazionale, è poi saldamente ancorata al concetto di great place to work For All™, che prende elementi quantitativi e qualitativi, dall’uno e dall’altro strumento di analisi. La Classifica, infatti, non vuole solo premiare le organizzazioni eccellenti, nelle quali il livello di Fiducia è alto, ma quelle che lo sono secondo il parere di tutti, indipendentemente da qualunque caratteristica personale.
Questo cosiddetto fattore For All™ esprime la misura in cui ogni gruppo che fa parte dell’organizzazione, ogni persona, indipendentemente da genere, età, ruolo, anzianità aziendale, vive l’esperienza lavorativa come positiva. Esso è esplicitato dalla capacità dell’organizzazione di individuare, stimolare, coltivare e fare leva sulle abilità, le aspirazioni, le inclinazioni, le unicità delle proprie persone affinché tutte siano messe in condizione di vivere appieno e in modo positivo l’esperienza lavorativa, esprimendo il proprio massimo potenziale.
In termini metodologici, più è piccolo il divario di media Trust Index© tra i vari gruppi demografici che fanno parte dell’organizzazione e, quindi, meno sono statisticamente significative le differenze nell’esperienza che tali gruppi hanno dell’ambiente di lavoro, più il punteggio finale con il quale l’organizzazione compete ne viene avvantaggiato. Prendendo come esempio la demografia del Genere, meno è significativa la differenza di media Trust Index© tra uomo e donna, più alto sarà il punteggio del fattore For All™ per la demografia Genere. Questo ragionamento vale per tutte le 5 demografie del nostro questionario: Genere, Età, Anzianità aziendale, Livello organizzativo, Condizione contrattuale.
Le aziende in Classifica si contraddistinguono quindi dalle altre perché sono capaci di creare great place to work for all, vale a dire eccellenti ambienti di lavoro in grado di massimizzare il potenziale umano grazie alla presenza di una leadership efficace, aperta ed empatica, grazie alla condivisione di valori significativi, vissuti quotidianamente e che guidano le decisioni, grazie a una cultura volta al miglioramento continuo e aperto al contributo di tutti.
La Classifica è divisa in cinque categorie dimensionali, secondo il numero di collaboratori, ciascuna con 15 posizioni premiate:
Tra i 10 e i 49 collaboratori
Tra i 50 e i 149 collaboratori
Tra i 150 e i 449 collaboratori
Tra i 500 e i 999 collaboratori
Dai 1000 collaboratori
Chi è Great Place to Work®
Great Place to Work® è una società globale di ricerca, consulenza e formazione che aiuta le organizzazioni a migliorare le proprie performance di business individuando, creando e sostenendo ambienti di lavoro eccellenti. Great Place to Work® lavora insieme ad aziende e organizzazioni di tutti i settori produttivi: da quelle private, a quelle pubbliche, alle no-profit. È presente in più di 60 Paesi nel mondo ed è conosciuta per le Certificazioni degli ambienti di lavoro di qualità e per le famose Classifiche che premiano ambienti di lavoro eccellenti – le Classifiche Best Workplaces™.
Il network Great Place to Work®
Ad oggi, Great Place To Work® conta a livello globale 61 Affiliati che gestiscono altrettanti Paesi e pubblicano Classifiche nazionali. Considerando l’insieme di nazioni e regioni nei quali questi Affiliati lavorano, il nostro network arriva a interessare 170 Paesi nel mondo. Nel periodo 2022-2023, il network Great Place To Work® ha collaborato con 18.000 organizzazioni nel mondo, ascoltando 20 milioni di persone.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Anche se con numeri molto più bassi, al secondo posto, c’è la composizione negoziata (1.089 istanze) che, per la prima volta, ha superato il concordato preventivo (762 domande). È diventata quindi lo strumento più utilizzato dalle imprese che puntano ad individuare soluzioni di risanamento e uscita dalla crisi.
Il fatto che la composizione negoziata sia un percorso extragiudiziale (ci si rivolge al tribunale solo in alcuni casi come ad esempio la richiesta delle misure protettive) in cui l’imprenditore continua a gestire la propria azienda spiega probabilmente le ragioni di questo sorpasso. Nell’iter negoziato, infatti, l’imprenditore viene affiancato da un esperto indipendente che lo aiuta a trovare una soluzione e a trattare con i creditori per i quali costituisce, invece, una garanzia di assenza di propositi dilatori.
Al 1° marzo 2025, le imprese che, grazie all’iter negoziato, hanno individuato un percorso di risanamento sono 266 e occupano circa 13.500 persone. Il tasso di successo, ossia il rapporto fra le istanze chiuse con esito favorevole e il totale delle domande chiuse (1.369), è del 19 per cento.
Le imprese
Le aziende che hanno chiesto di accedere alla composizione negoziata nel 2024 hanno una dimensione media superiore a quella delle imprese che utilizzano le altre procedure (tranne l’accordo di ristrutturazione del debito) sia in termini di occupazione sia di fatturato. Questo non toglie però che le piccole aziende siano moltissime: il 49% ha fino a nove addetti e il valore della produzione del 55% delle aziende è inferiore a 2,5 milioni (per il 71% è sotto i 5 milioni).
«L’adesione alla composizione negoziata sta crescendo – dice Andrea Prete, presidente di Unioncamere -. Questo è un fatto positivo perché consentirà a tante aziende oggi in difficoltà di restare operative una volta riequilibrata la propria posizione. Lo strumento funziona e sta dando i suoi frutti. Emerge però una maggiore adesione e un superiore tasso di successo da parte delle imprese di maggiori dimensioni, in forza della propria organizzazione più solida e strutturata. Per questo, soprattutto le piccole imprese vanno supportate aiutando la consapevolezza dell’imprenditore, affinché approdino alla procedura senza indugio, non appena si presentano situazioni di difficoltà».
Fonte: Il Sole 24 Ore