Nel 2020, quando il Covid ha costretto un po’ tutti a vivere chiusi in casa, uno dei pochi modi per respirare un po’ d’aria era cucinare fuori, sul terrazzo, in…
Fonte: Il Sole 24 Ore
«Abbiamo optato per proporre un menu degustazione per Pasqua e Pasquetta perché crediamo molto nel rispetto delle tradizioni ed eventi come questi devono incentivare la convivialità. La nostra clientela è composta anche da famiglie e, per noi, sapere in anticipo quanto spenderanno al termine del pasto le aiuterà a fare delle valutazioni più mirate – dice Dario Montano, patron di Belloverde a Roma –. Un ulteriore incentivo, inoltre, sarà il menu che abbiamo ideato per i bambini, a costo ridotto e con pietanze adatte ai loro gusti. Proporre un menu degustazione è favorevole anche per il bilancio interno della nostra attività. Ci aiuta a gestire il food cost e a ridurre gli sprechi alimentari. Queste tipologie di evento incidono positivamente nel quadro economico perché alzano il prezzo del coperto medio e producono incassi maggiori ed è un bene che, in queste occasioni, Belloverde registri sempre il sold out».
«Il pranzo di Pasqua è un appuntamento importante, soprattutto perché pensato per una clientela che ormai conosce bene la nostra cucina e ci sceglie con continuità durante tutto l’anno. Sul bilancio economico di questo appuntamento posso dire però che il pranzo di Pasqua non rappresenta un grande momento di guadagno per l’attività, malgrado l’impegno e le tante ore di lavoro che richiede la sua preparazione – commenta Fabio Dodero, chef e patron del ristorante Metis a Roma –. Nonostante questo aspetto, scegliamo comunque però di non rincarare i prezzi, perché per noi la priorità resta quella di offrire ai nostri clienti un’esperienza che sia all’altezza delle aspettative: è un modo per dire grazie e per restituire, anche nelle giornate speciali, la fiducia che ci viene accordata ogni giorno».
«Quest’anno, il Mirabelle, ristorante panoramico al settimo piano dell’Hotel Splendide Royal, cambia approccio: abbiamo scelto di non proporre un menu fisso come negli anni passati – racconta lo chef executive Stefano Marzetti: ma di costruire un’offerta più sfaccettata, frutto del dialogo tra la cucina del Mirabelle e la terrazza di Adèle all’ottavo piano. Una decisione che risponde a una lettura attenta dei nuovi comportamenti di consumo durante le festività: se da un lato la Pasqua evoca convivialità e spensieratezza, spesso all’aria aperta, dall’altro resta per molti un’occasione di raccoglimento e raffinatezza. Così, mentre la terrazza di Adèle ospita un brunch in pieno stile pasquale, con salumi, formaggi, lasagne, agnello e dolci della tradizione fatti in casa, la sala del Mirabelle arricchisce la sua carta con piatti rivisitati, pensati per chi cerca un’esperienza più intima e creativa. Questa doppia proposta permette alla struttura di rispondere a un pubblico diversificato, ampliando il bacino di clientela e confermando la versatilità come leva strategica in un contesto in cui la personalizzazione dell’esperienza gastronomica è sempre più centrale»
Per lo chef Giuseppe D’Alessio, executive di Settimo Roman Cuisine & Terrace , ristorante del Sofitel Roma Villa Borghese, la Pasqua – come ogni festività religiosa – è prima di tutto un momento di ricongiungimento familiare. Ed è proprio da questa visione che nasce la scelta di proporre non un menu pasquale ma un brunch conviviale, pensato per celebrare il piacere di stare insieme in libertà. «Un format che riflette lo spirito aperto di Roma e che incontra il gusto sia degli ospiti italiani – che rappresentano il 50% dell’affluenza durante le feste – sia di una clientela internazionale in cerca di autenticità e accoglienza. La formula del “pranzo romano”, esperibile tutti i giorni, ha generato un impatto fortemente positivo perché sempre più romani scoprono Settimo durante la settimana e lo scelgono poi come luogo ideale dove festeggiare le diverse ricorrenze».
Per Pasqua, Roberta Esposito, proprietaria de La Contrada di Aversa — ha deciso di non aprire Marita, la sua prima insegna romana. «In un contesto come quello di Corso Francia (in cui è situato il locale), dove le festività vedono un naturale svuotamento del quartiere e un’attenzione rivolta a tavole familiari più tradizionali, mantenere l’attività aperta significherebbe forzare il posizionamento di un prodotto pensato per una convivialità più rilassata. Una proposta come l’iconica tonda della pizzaiola campana, per quanto identitaria e raffinata, poco si sposa con il formato del pranzo pasquale. Da qui la decisione di ottimizzare risorse e costi, in linea con una visione imprenditoriale che privilegia la sostenibilità operativa e il rispetto dei tempi della domanda».
Fonte: Il Sole 24 Ore
La certificazione Fsc (Forest Stewardship Council, che garantisce una gestione forestale sostenibile per la provenienza di legno e carta) è la più importante sia per giro d’affari sviluppato (4,9 miliardi di euro) sia per diffusione (9.466 prodotti) e ha aumentato del 4,7% le vendite a valore e dell’1,2% quelle a volume. Si piazza inoltre al secondo posto assoluto nella classifica di tutti i claim presenti sulle confezioni. Per i prodotti Cruelty free (cosmetici compresi) le vendite in quantità sono rimaste sostanzialmente stabili (+0,6%) mentre il giro d’affari è avanzato del +4,2 per cento. Calo annuo del -10,5% a volume e del -3,3% a valore per i 691 prodotti certificati Friend of the sea (pesca sostenibile), che hanno chiuso i 12 mesi finiti a giugno 2024 superando i 593 milioni di euro di giro d’affari. A penalizzarli – secondo l’Osservatorio – sono stati l’andamento negativo dell’offerta di questi prodotti e quello delle vendite di tonno e delle altre conserve di pesce. Anche le certificazioni Utz sulla provenienza del cacao hanno pagato il caro prezzi e quindi una discesa degli acquisti.
Crediti di carbonio e biodiversità le nuove frontiere
Ma, al di là dei trend congiunturali, il sistema resta fondamentale per competere sul fronte qualità ed è in continua evoluzione. «Ci sono certificazioni sui fertilizzanti, sui crediti di carbonio, sull’acqua, sulla biodiversità. C’è un portafoglio di proposte non indifferente e diversi enti si cimentano in queste nuove certificazioni che prendono sempre più piede», spiega Liberatore. Tra queste, la “water footprint”, una certificazione legata alla gestione dell’acqua, testimonia come il settore stia ampliando i propri orizzonti verso una visione sempre più integrata della sostenibilità.
Tra le tendenze emergenti, proprio le certificazioni di sostenibilità stanno acquisendo un’importanza crescente. «Equalitas, che certifica la sostenibilità dei vini, riguarda ormai il 20% delle etichette italiane di qualità – dice Liberatore –. Ci sono Paesi che apprezzano molto questo tipo di certificazione, come i monopoli del Nord Europa, Canada e Regno Unito, dove queste produzioni ottengono premialità concrete: scaffali dedicati nei punti vendita o preferenza nei tender di approvvigionamento».
Un altro segmento rilevante è quello del commercio equo e solidale: gli italiani spendono 518 milioni di euro in prodotti Fairtrade, certificazione che garantisce il rispetto di standard etici nella filiera produttiva. Secondo Gs1 il giro d’affari dei 376 prodotti Fairtrade in Gdo è cresciuto dell’11,4%, sostenuto dalla crescita del +16,1% della componente di offerta, ma dall’altro i volumi sono calati del 5,9%, a causa del trend negativo di merendine, zucchero, caffè macinato, tavolette e barrette di cioccolato.
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Fonte: Il Sole 24 Ore
Le lunette fantasy di Cracco
Il Ristorante Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II si veste d’arte grazie al ritorno di un progetto ormai atteso: l’esposizione nelle lunette dello storico locale, voluta da Umberta Gnutti Beretta, Carlo Cracco e Paride Vitale. Fino al primo maggio le vetrine si animano con Fantasy, l’installazione dell’artista Gaia Alari che trasforma il cuore della Galleria in un’esperienza visiva onirica e sospesa nel tempo.
Tre video animazioni – Fantasy, realizzata per i Lunar Vacation, The Space Between, un flusso di pensieri che si rincorrono come in un cerchio infinito, e l’inedita Senza Titolo, che indaga archetipi e linguaggi visivi – accompagnano il pubblico in un viaggio tra immaginazione, spazio e percezione temporale. Curata da Annalisa Inzana e Chiara Pozzi, l’esposizione rinnova il dialogo tra arte contemporanea, cibo gourmet e spazio pubblico, portando la magia della fantasia direttamente sotto le luci della Galleria.
Amorim Cork e il sughero sostenibile
Casa Cork by David Rockwell porta alla Milano Design Week 2025 un’installazione immersiva dedicata al design sostenibile in sughero. Realizzata dal Cork Collective con Amorim Cork e progettata dal celebre Rockwell Group, Casa Cork, in via Solferino 31, ospita una selezione di arredi e oggetti in sughero firmati da designer e brand internazionali, tra cui Artemest, Thomas Cooper Studio e 4Spaces. Completano l’esperienza un’enoteca e uno spazio eventi con degustazioni gratuite di vini e specialità artigianali, con il micro-panificio artigianale Le Polveri.
Le luci e i colori dell’aceto Giusti
Acetaia Giusti e Deodato Arte presentano “Luci e Colori: Dialoghi Contemporanei”, una mostra diffusa che anima le Boutique Giusti di Via Spadari 6 e Corso Como 3 con le opere di Marco Lodola e Daniele Fortuna. Dal 6 al 13 aprile, luci e colori diventano protagonisti di un dialogo visivo fatto di contrasti e armonie: Lodola incanta con le sue sculture luminose ispirate alla Pop Art, mentre Fortuna porta in scena icone mitologiche e artistiche reinterpretate in legno dipinto a mano.
Le meraviglie della Salmistraro da Eataly
Eataly Milano Smeraldo si trasforma in un mondo incantato con Il Giardino delle Meraviglie, l’installazione immersiva firmata dalla designer Elena Salmistraro per il progetto Cre-Action di Interni. Dal 7 aprile, i visitatori potranno lasciarsi guidare in un percorso sensoriale tra piante, colori e forme vibranti che attraversa l’intero store di Piazza XXV Aprile, dall’ingresso fino al secondo piano, per culminare negli spazi del ristorante Food&Pizza Theatre, dove l’ispirazione si fa realtà. Ad accogliere i passanti, una grande illustrazione sulla facciata del negozio introduce fin da subito in questo universo fantastico, trasformando anche una semplice spesa o una pausa pranzo in un’esperienza creativa e sorprendente.
Drink list d’autore per Missoni
Il Principe Bar dell’Hotel Principe di Savoia in Piazza della Repubblica si trasforma grazie all’esclusivo takeover firmato Missoni. Per tutto il mese, l’eleganza iconica della maison avvolge gli spazi con pattern vibranti, tessuti raffinati e dettagli di design che reinventano l’atmosfera del celebre bar milanese. L’esperienza si completa con una drink list d’autore, ideata dal bar manager Daniele Celli: quattro signature cocktail ispirati allo stile Missoni, tra cui spiccano due creazioni nate dalla collaborazione con Malfy Gin. Il Malfy Originale Negroni, intenso ed elegante, e il Sunset Spritz, agrumato e fruttato, affiancano proposte più audaci come lo Spicy Mezcal Margarita e l’alternativa analcolica The White Pearl.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Per quanto riguarda le possibili soluzioni, una strada è stata suggerita dal presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi che ha sottolineato la necessità di «un accordo con gli importatori Usa che traggono profitto più di noi dai vini italiani: serve condividere l’extra costo ed evitare di trasferirlo ai consumatori». E quindi calmierare i listini.
Altre indicazioni vengono poi da una lettura più approfondita dei dati dell’export 2024 di vino. Il dato generale ha fatto segnare un nuovo record con 8,1 miliardi di euro (+5,5%). I numeri hanno inoltre confermato gli Usa come primo sbocco in valore (1,93 miliardi di euro, +10,2%). Risultato frutto anche del vero e proprio exploit di fine anno con tanti importatori statunitensi che hanno accelerato i propri acquisti per rafforzare il magazzino proprio in previsione dei nuovi dazi. Secondo alcune stime gli acquisti Usa di vino dall’Italia hanno fatto segnare un +20% solo negli ultimi due mesi dell’anno.
C’è poi una sensazione positiva: come gli importatori americani hanno anticipato i propri acquisti in previsione dei dazi qualcosa del genere si è verificato anche tra i produttori italiani che già dallo scorso anno hanno cominciato a sondare nuovi mercati di sbocco o a rafforzare altri con forse ancora un potenziale da esprimere. O almeno questo indicano i numeri. Infatti al di là del sostanzioso +15,3% fatto segnare dal Canada che ormai con 447milioni di euro di fatturato è il quarto approdo del vino italiano, tra i paesi extra Ue va segnalato il forte “ritorno” della Russia (230 milioni, +45,6%). Anche se il dato, letto con i contemporanei cali registrati in paesi limitrofi come Norvegia (-10,9%) e Lettonia (-12,5%), probabilmente rappresenta il ritorno di un flusso diretto che invece negli anni della guerra e delle sanzioni Ue è stato spesso “triangolato”. Bene anche il Brasile (41 milioni, +12,6%) sbocco che potrebbe crescere ancora con l’accordo Ue-Mercosur.
Ma, soprattutto, alcuni dati positivi sono venuti, un po’ a sorpresa, dalla vecchia Europa. A cominciare dal +3,7% fatto registrare dalla Germania (secondo mercato in assoluto e unico con gli Usa a superare il miliardo di acquisti di vino italiano con 1,18 miliardi). Molto bene è andata l’Olanda (257 milioni, +10,1%), l’Austria 163 milioni, +14,4%), la Danimarca (150 milioni, +4,9%), la Repubblica Ceca (105 milioni, +4,1%). Tra i paesi che hanno fatto registrare un’accelerazione dell’import di vino dall’Italia anche l’Irlanda (58,5 milioni, +19,5%), proprio il paese che vorrebbe inserire alert in etichetta sul vino per dire che “nuoce alla salute” come le sigarette.
La sensazione insomma è che gli “anticorpi” si siano già messi in circolo e che il vino italiano che di crisi ne ha già affrontate molte dal proverbiale metanolo alla crisi finanziaria del 2008, dal Covid che ha a lungo chiuso ristoranti e bar alla guerra russo-ucraina che ha fatto esplodere i costi, abbia le carte in regola per superare anche questa.
Fonte: Il Sole 24 Ore
5) Dal Bbq alla cucina outdoor
Lo spazio esterno è sempre più arredato e attrezzato con mobili e apparecchi facilmente trasportabili all’interno e viceversa oppure con vere e proprie cucine di design raffinato con zone living, spazi e devices che rendono accogliente in ogni ora della giornata il terrazzo e il giardino. Due diverse tendenze: la elegantissima griglia elettrica mobile della Smeg e, al contrario per i mega outdoor, le collezioni stabili True Residential per Caliber Grills che hanno esecuzioni professionali uniche con una soluzione che consente finalmente, grazie a coperchi a scomparsa, di lavorare e muoversi liberamente intorno ai barbecue e alle cucina.
6) Nuove frontiere dell’induzione
L’induzione sta diventando popolare anche in Nordamerica, soppiantando pian piano i mega-piani con fornelloni a gas della tradizione Usa. Sks, Dacor della Samsung, Miele e Bluestar, per traghettare verso l’induzione gli utenti Usa, hanno lasciato sul frontale dei piani a induzioni le grandi monopolone dei piani a gas. In più, ogni manopola Sks è comandabile in remoto, si illumina segnalando temperature, funzioni, tempi…
7) Il fasciono del made in Italy
L’Italia comanda per il design e le tecnologie delle belle cucine di acciaio e smalto, colorate, superattrezzate di induzione, vapore, air-fry, cappe sul piano, e un design insuperabile di Bertazzoni, Ilve, Lofra. Smeg ha proposto una serie di cucine di design compatto e minimalista molto belle con induzione e ogni tipologia di cottura che risponde alla crescenti richieste di un mercato sempre più orientato –come ha sottolineato Bill Darcy- a apparecchi meno ingombranti.
8) I lavelli work-station
I rubinetti professionali di Brizo e di Kohler: riempipentole, quelli che si illuminano, quelli dotati di getto a cascata, con erogatori doppi, o touchless sono il sogni dei casalinghi e delle casalinghe; grazie ai molti accessori facili da manovrare riescono a concentrare sul lavello molti lavori della cucina.
9) Hi-tech/hi-touch
I piani di cottura a induzione Ceran Schott diventano luminosi segnalando in modo vistoso e colorato funzioni, aree di cottura, livelli, di temperatura, indicando i passaggi delle ricette, con icone grandi che visualizzano le ricette. E ricaricano smartphone, portatile. Il nuovo forno con friggitrice ad aria Flexify Pro di Midea grazie alla sua tecnologia di riscaldamento al grafene concentra diverse funzioni. Secondo i laboratori di prova di Midea, l’eccezionale conduttività del grafene consente al forno con friggitrice ad aria di riscaldarsi fino a 500 °F in meno di un secondo, il 90% in più rispetto agli elementi riscaldanti convenzionali. Ciò significa che si può iniziare a cucinare immediatamente, sprecando meno energia. Il forno con friggitrice ad aria Flexify Pro presenta 11 modalità di cottura, dalla grigliatura alla cottura lenta. Una tendenza mondiale che Kitchen Aid ha lanciato: l’intera gamma sofisticata di apparecchi per la lavorazione degli ingredienti tutti cordless, a ricarica. Potenti ed efficienti sono unici e eliminano finalmente il rischio e la scomodità del filo.
Fonte: Il Sole 24 Ore
«La performance italiana nel 2024 ha superato quella dei principali esportatori in questo campo come Spagna (+6%), Germania e Cina (+4%) – ha sottolineato Denis Pantini, responsabile del settore agroalimentare di Nomisma, che con Italia del Gusto è legata da una consulenza pluriennale – . Tuttavia, il nostro principale mercato di riferimento, gli Stati Uniti, potrebbe diventare uno scenario complicato se i dazi di Trump venissero applicati, come già avvenuto in passato, con effetti negativi sulle vendite. La strategia non può essere che diversificare le destinazioni, il fatto che l’Italia esporti più del 50% delle merci in soli cinque Paesi rappresenta un limite. Chiaro che è più facile essere presenti su mercati che hanno con noi più affinità culturali, ma bisogna esplorare nuove strade e non abbandonare quella asiatica, che ad esempio la Francia ha saputo percorrere meglio dell’Italia».
Dazi, effetto moltiplicatore in negativo
È comunque inevitabile che le tensioni commerciali (e non solo) mettano a rischio il proseguimento del trend di crescita dell’export; e sono da mettere in conto anche effetti indiretti, che possono essere di due tipi. Da un lato un effetto sull’aumento di offerta, che si riverserebbe sugli altri mercati, provocando una probabile spinta verso il basso dei prezzi. Dall’altro la diminuzione del potere d’acquisto su altri mercati, proprio per lo stesso effetto dei dazi, potrebbe avere effetto anche sull’import dall’Italia: uno dei paesi più colpiti dovrebbe essere ad esempio la Germania, mercato di sbocco fondamentale per il made in Italy.
«Ci auguriamo che i dazi Usa non entrino mai il vigore – ha sottolineato Giacomo Ponti, Presidente del Consorzio Italia del Gusto – ma se confermati potrebbero avere conseguenze pesanti: perdere quote di mercato significa compromettere anni di lavoro e investimenti e mettere in conto di dover di nuovo investire in futuro per riconquistarle. L’esperienza dei dazi sugli spirits in passato ci ha insegnato che un dazio del 20% può significare poi un calo del 40% dell’export. Il nostro obiettivo resta comunque quello di rafforzare la presenza del Made in Italy nel mondo, esplorando nuove opportunità e consolidando quelle esistenti».
«L’esperienza di Italia del Gusto, le cui aziende associate maturano un quarto del fatturato dall’export – continua Ponti – è la dimostrazione di quanto il Made in Italy sappia fare squadra. L’esclusività merceologica degli associati ci permette di scambiare informazioni importanti al nostro interno e fare economie di scala su alcune forniture, così come di fare “cross promotion” tra i nostri prodotti sui mercati esteri. Le aziende del Consorzio rappresentano il meglio del nostro agroalimentare e insieme continuiamo a portare nel mondo i valori di qualità, tradizione e innovazione che ci contraddistinguono. È con questo spirito che abbiamo raggiunto risultati straordinari nel 2024 e con questo stesso spirito guardiamo al futuro, consapevoli delle sfide che ci attendono».
Menu stellato per celebrare il made in Italy di Italia del Gusto
L’evento organizzato da Italia del Gusto è stato un tributo ai sapori e alla tradizione del Made in Italy, con un menu esclusivo firmato dallo chef due stelle Michelin Andrea Aprea che ha creato un viaggio sensoriale con i migliori prodotti di alcune delle aziende del Consorzio: dall’uovo bio con patata, Grana Padano Dop e tartufo nero al riso carnaroli mantecato al cacio e pepe con fichi e gamberi e al tortello genovese di manzo con provolone, scarola e olive nere, fino al cioccolatino al sale liquirizia e aceto balsamico tradizionale di Modena Dop.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Per quanto riguarda i vini bianchi prevedo una crescente valorizzazione di quelli regionali e dei terroir. L’affermazione della zona dell’Etna costituisce in questo un esempio virtuoso. Non solo, ma anche la parte orientale del Friuli Venezia Giulia (Collio, Colli Orientali, Isonzo, Carso) e le varie declinazioni del Verdicchio stanno seguendo i medesimi passi. I consumatori sono sempre più attratti dai prodotti che riflettono l’identità di un territorio specifico, con una forte connessione alle tradizioni locali. Meno male!
Guardando alla Francia, avendo la Borgogna raggiunto quotazioni altissime, è ragionevole aspettarsi una crescita di zone alternative. Segnalo per i vini a bacca bianca la Loira, in particolare lo Chenin blanc, oltre ai bianchi di Jura e Savoia.
Discorso a parte per i vini rossi, il comparto che soffre enormemente di più. Nello specifico, Barolo e Barbaresco manterranno inalterato il loro blasone, ma è prevedibile una crescita importante dei vini dell’alto Piemonte, quando Gattinara, Lessona e Boca saranno sicuramente protagonisti del prossimo futuro. Prevedo inoltre una buona risalita del Chianti Classico in virtù della qualità e dello sforzo che si sta producendo in quelle zone, anche a livello di comunicazione.
Oltralpe aspettiamoci un ritorno della zona di Bordeaux grazie al fatto che in questo periodo si possono acquistare bottiglie speciali a prezzi accessibili. Il mio suggerimento è quello di buttare un occhio all’appellazione di Cahors coi suoi meravigliosi Malbec.
Un’altra tendenza per il bere di domani riguarda senza dubbio la crescita della domanda di vini a basso contenuto alcolico o completamente senza alcol. I consumatori stanno cercando alternative più leggere che possano essere godute in occasioni diverse, senza compromettere la qualità o l’esperienza del vino. Il Lambrusco Doc infatti sta tenendo bene le posizioni sui mercati internazionali e oggi se ne trovano di molto buoni.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Masi, un caso di resilienza
«Abbiamo dunque ricercato tutti questi fattori analizzando un caso di brand leader di mercato quale Masi, e rilevato come l’azienda abbia saputo muoversi in un contesto sfidante. Masi – continua Gaeta – ha saputo combinare tradizione e innovazione, valorizzare il proprio radicamento territoriale, adottare un sistema di monitoraggio avanzato per garantire una gestione efficiente della produzione e della distribuzione, ed implementare una strategia di crescita lungimirante».
«Abbiamo apprezzato molto la ricerca e siamo orgogliosi di averne fatto parte – commenta Federico Girotto, ad Masi Agricola Spa e presidente e ad di Canevel Spumanti Spa -. Questa può rappresentare un contributo agli operatori del settore vitivinicolo per comprendere e acquisire consapevolezza circa i reali problemi del medesimo e dei suoi mercati di riferimento, chiudendo lo spazio a omissioni, al pessimismo e soprattutto all’illusione che tutto possa tornare a essere come prima. In Masi cerchiamo di incrementare la resilienza in diversi modi, ma soprattutto rafforzando i processi strategici di identificazione, analisi e mitigazione dei rischi, non distogliendo mai l’attenzione dalla nostra stella polare: il brand. Negli anni il gruppo Masi ha attivato diverse leve strategiche che ci hanno permesso di rispondere in anticipo all’evoluzione dei cicli economici, trasformando le sfide in opportunità. In uno sguardo complessivo, in questi dieci anni dalla quotazione, abbiamo lavorato sulla sostenibilità sull’omnicanalità comunicativa e distributiva, e sul rafforzamento della Masi Wine Experience, che quest’anno darà avvio a Monteleone21, il nostro visitor center in Valpolicella che risponde alla nuova domanda del settore enoturistico. Infine, abbiamo investito nell’innovazione di prodotto, come con Fresco di Masi, la linea di vini biologici che esprime la nostra visione di autenticità, attualità e attenzione al consumatore, e nell’ampliamento del portafoglio. Ne è un esempio il recente sbarco in Oltrepò Pavese con l’acquisizione della tenuta Casa Re e il lancio dello spumante Metodo Classico Moxxé del Re, dove contiamo di replicare quanto realizzato in Valdobbiadene con Canevel Spumanti, un brand che ha continuato a crescere, anche in termini di export».
Dazi, Boscaini: un danno anche per gli Usa
«Non dimentichiamoci che per ogni dollaro di vino che noi incassiamo, agli Usa restano 4,3 dollari tra tasse e altri costi -, ha detto a margine della presentaizone dello studio Sandro Boscaini, presidente Masi Agricola, sul fronte del possibile impatto dei dazi americani sul settore vitivinicolo – . La prospettiva dei dazi imposti dagli Stati Uniti è motivo di seria preoccupazione per il settore del vino italiano. Il mercato statunitense è molto qualitativo, è il primo mercato a valore per il vino di qualità e secondo solo alla Germania per i volumi, dove il nostro vino gode di ottima reputazione e ottimo posizionamento. Se fossero confermati già i dazi al 25%, avremmo un forte impatto sulle esportazioni e sulla competitività di tutti i nostri prodotti che ne risentirebbe notevolmente. Del resto complessivamente il vino italiano andrebbe a perdere in quel mercato all’incirca 1 miliardo di euro. La minaccia di applicare dazi al 200% sul vino italiano, è priva di logica. Ma soprattutto è un danno reciproco».
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Fonte: Il Sole 24 Ore
Le organizzazioni lamentano, in particolare, che nel processo di discussione della regolamentazione, non sono state prese in considerazione le opinioni degli agricoltori dei principali paesi agricoli dell’Ue, come Francia, Germania, Italia e Spagna.
«Nel formulare la propria posizione – ribadiscono al Copa-Cogeca – la Commissione parlamentare per il commercio internazionale del Parlamento Europeo (Inta) ha consultato solo le associazioni di agricoltori di un solo paese dell’Ue: la Lettonia, che occupa il 14esimo posto per dimensione del settore agricolo tra i paesi membri e che nel 2024 ha rappresentato solo circa l’1,5% del raccolto europeo. Mentre invece nel corso delle audizioni grande spazio è stato dato ai principali produttori europei di fertilizzanti tra cui la norvegese Yara e l’associazione paneuropea Fertilizers Europe, che sono – in prospettiva – le uniche beneficiarie del dazio su Russia e Bielorussia».
Altra critica ribadita dagli agricoltori ha riguardato la decisione di Bruxelles non condurre una valutazione dell’impatto dell’aumento dei dazi (impact assessment), nonostante sia considerata una best practice raccomandata. «Al contrario – dicono ancora dal Copa-Cogeca – la Commissione Europea sta cercando di introdurre i dazi il più rapidamente possibile, già dal 1° luglio, ignorando i rischi evidenti. Secondo le nostre stime l’introduzione di nuovi dazi aggraverà ulteriormente la situazione finanziaria dell’agricoltura Ue: con un dazio del 100% il costo dei fertilizzanti aumenterà di 40-45 euro per tonnellata».
Secondo gli agricoltori Ue l’aumento del costo dei fertilizzanti porterà poi a un incremento dei prezzi dei prodotti alimentari nell’Ue con prevedibili effetti a cascata sui consumatori. «Ma soprattutto – concludono al Copa Cogeca – l’introduzione dei dazi potrebbe portare a fallimenti di massa delle aziende agricole, in particolare delle piccole e medie imprese. Ciò minaccia una riduzione dei posti di lavoro nel settore agricolo. La Commissione Europea – concludono – non ha ancora proposto misure compensative per mitigare le conseguenze della regolamentazione. Le associazioni di agricoltori chiedono azioni concrete per proteggere i produttori agricoli, tra cui compensazioni finanziarie e, soprattutto, un meccanismo chiaro per la revoca dei dazi in caso di un’impennata dei prezzi dei fertilizzanti».
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Fonte: Il Sole 24 Ore