Cecilia Sala: interrogatori incappucciata, faccia al muro. Musk era “informato”

Cecilia Sala: interrogatori incappucciata, faccia al muro. Musk era “informato”

«Adesso, aiutata, riesco a dormire». Lo dice Cecilia Sala intervistata da Fabio Fazio a ’Che tempo che fa’. «Sono stata fortunatissima a stare lì dentro solo 21 giorni. Il recupero è più rapido rispetto a tante altre persone sono rimaste lì centinaia di giorni». Parla della liberazione. «Sono stata liberata in tempi assolutamente veloci, è stato un lavoro che non si vedeva in tempi così rapidi dagli anni Ottanta», la giornalista. «La prima sera avevo chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse un libro che in un carcere di massima sicurezza dell’Iran non mi potessero negare e invece mi è stato negato. Ho passato il tempo a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti sulle buste». Per sopravvivere «ho pensato alle cose belle della mia vita e al fatto che prima o poi le avrei riavute». Una intervista piena di emozioni, fra ricordi e paure. E il sollievo di essere a casa e tornare alla vita di prima.

Finché c’è Repubblica Islamica non tornerò in Iran

Tornerà in Iran? «No. Finchè c’è la Repubblica Islamica direi proprio di no», dice Cecilia Sala rispondendo a Fazio Fazio nel corso di ’Che Tempo Che Fa’.

Interrogatori incappucciata faccia a muro

Interrogatori infiniti «incappucciata con la faccia rivolta al muro», mentre in isolamento «temevo per i miei nervi». Cecilia Sala decide di raccontare in tv i suoi 21 giorni di detenzione nel carcere di Evin, in Iran, fatti di accuse e paure, di speranze e timori. Intervistata da Fabio Fazio a ’Che tempo che fa’ ripercorre quei momenti, senza mai dimenticare tutte quelle persone ancora detenute «che non hanno la fortuna di avere alle spalle un Paese che ti protegge e si prende cura di te».

Prelevata in albergo

Parlando della detenzione l’emozione a tratti prende il sopravvento pensando al tempo «che ti spezza». Racconta l’arresto: «Mi hanno prelevata nella mia camera d’albergo mentre stavo lavorando. In macchina ero incappucciata con la testa abbassata verso il sedile. Ho capito che mi stavano portano in carcere dal rumore del traffico e dalla strada che stavamo facendo». Solo il giorno successivo le è stato concesso di fare le telefonate di rito all’ambasciata o ai familiari «per giustificare la mia sparizione».

Interrogata tutti i giorni, sempre incappucciata

Nei primi 15 giorni della detenzione la interrogavano tutti i giorni. «Il giorno prima del rilascio mi hanno tenuta dieci ore di fila, sempre incappucciata. In uno degli interrogatori sono crollata e mi hanno dato una pasticca per calmarmi. Mi interrogava sempre la stessa persona in perfetto inglese e da quello che diceva capivo che conosceva molto bene l’Italia». L’isolamento è stato il momento più drammatico, con i rumori «strazianti» che arrivavano dalle altre celle, «pianti» o «Tentativi di farsi del male: in una cella accanto c’era una ragazza che prendeva la rincorsa per sbattere più forte che poteva la testa contro la porta». Durante una telefonata al compagno Daniele, giornalista anche lui, «gli ho detto di avere paura per la mia testa, avevo paura di perdere il controllo».

Fonte: Il Sole 24 Ore