Cei, i giovani gay possono entrare in seminario (ma solo se «in castità»)
Per essere ammessi nei seminari – con l’obiettivo della consacrazione al sacerdozio – non ci sono «sbarramenti» alle persone omosessuali, purché dimostrino fin dall’inizio di mostrare «l’orientamento alla vita celibataria». In sostanza quindi non si deve praticare sesso, scrive la Cei nelle nuove linee guida per l’ammissione ai seminari. Non basta: non devono esse riscontrate «tendenze omosessuali profondamente radicate» (qualsiasi cosa voglia dire) o che sostengano «la cosiddetta cultura gay».
«Ma non si può ridurre tutto a questo aspetto»
In quest’ottica non ci sarà uno sbarramento agli omosessuali in quanto tali ma a coloro che “praticano”: il che tuttavia vale anche per le persone eterosessuali, visto che per la Chiesa il celibato è una norma erga omnes (e in questo senso neppure nuova, anche se la Cei vara nuove linee guida). Inoltre non è chiaro con quali procedure si procederebbe per stabilire se il candidato pratica o meno il celibato (il che vale anche in questo caso per gli eterosessuali). «Nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali» – scrive la Cei – è «opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto». «L’obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell’ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato». Si ribadisce invece che «la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità».
Il caso della frase di Bergoglio (a porte chiuse) sulla «frociaggine»
Il tema dei seminari e dell’omosessualità è stato al centro di un grosso caso mediatico qualche mese fa, quando il papa parlando ai vescovi italiani a porte chiuse parlò – sempre a proposito dei seminari e della presenza di omossessuali – contro l’eccesso di «frociaggine» (concetto poi ripetuto giorni dopo, sempre in consesso formalmente chiuso). La cosa fece il giro del mondo e tutti ricordarono che queste parole contrastavano con il «chi sono io per giudicare» sempre riferito ai gay pronunciato nella storica prima conferenza stampa in aereo nel 2013 di ritorno dal Brasile. Ma sempre nel maggio scorso fu riportata la notizia di un scambio di lettere tra un giovane seminarista gay, che il Papa aveva incoraggiato ad andare avanti. Altre volte il Papa ha parlato di lobby gay, che certamente si tratta di altro contesto, come di un centro di potere dentro la Curia.
Fonte: Il Sole 24 Ore