Champagne, anche i ricchi piangono con i prezzi alle stelle. Meglio gli italiani?

Tutti vorrebbero poter gestire i grossi fatturati di una Maison de Champagne, anche solo di media grandezza, nemmeno delle più grandi.

Ma non è tutt’oro quello che luccica. Dal 2021 al 2023 le vendite sono state sostenute da una richiesta straordinariamente forte che ha incrementato i prezzi di tutte le grandi maison, spezzando dunque qualsiasi tipo di equilibrio. Il risultato è che dall’inizio del 2024 le vendite delle Cuvée Prestige – invero le etichette più rinomate – soffrono una forte crisi di mercato in tutto il mondo. La notizia è, pertanto, che “anche i ricchi piangono” (cit). Per ricchi intendo sia produttori che clienti, con un particolare riferimento però ai primi.

 

Dom Pérignon in scaffale di enoteca a 300 euro, Krug e Cristal a 350 euro (solo alcuni esempi fra i più blasonati) sono troppo alti e i consumi sono scesi a fronte di offerte commerciali che viaggiano su una scala sconti per le enoteche e i ristoranti inimmaginabile fino a qualche tempo fa.

Comprensibilmente e per diretta conseguenza, il segmento che soffre meno questa crisi è quello delle etichette di Champagne tra i 50 e i 70 euro in scaffale di enoteca. Parliamo comunque di prodotti che si rivolgono a una clientela medio-alta che quando chiede “bollicine” (e fate pace con questo termine perché oramai è dichiarato “antonomasia” nella sezione figure retoriche della lingua italiana), vuole bere Champagne e non Metodo Classico; quelle nove lettere pronunciate in fila furoreggiano al tavolo anche se si sta servendo pasta e fagioli.

Fonte: Il Sole 24 Ore