Che 2025 sarà? I pronostici di 110 esperti: bene la finanza, male crescita e industria metalmeccanica

Che 2025 sarà? I pronostici di 110 esperti: bene la finanza, male crescita e industria metalmeccanica

Bene la finanza internazionale, male l’industria metalmeccanica. Benino il mercato del lavoro, male la crescita e la qualità della vita. E suona forte l’allarme per la sostenibilità del welfare e per la crisi demografica, temi legati a doppio filo: da un lato non si fanno più figli, dall’altro la popolazione invecchia e cresce la domanda di pensioni e sanità. È questa la fotografia scattata da una ricerca Swg e FB&Associati sulla base delle opinioni sull’anno appena iniziato espresse da 110 esperti del mondo delle imprese, della scienza, della comunicazione e della politica, “assoldati” dal New Year’s Forum, nuova rete coordinata da Marco Bentivogli e Valeria Manieri, che oggi e domani si dà appuntamento a Roma per la sua edizione zero.

L’ottimismo sulla finanza, il pessimismo sull’industria

Il primo dato che balza all’occhio è l’ottimismo degli interpellati sulle prospettive della finanza: il 58,2% le vede rosee, il 26,3% stabili; appena il 15,5% è pessimista. Totalmente opposte le previsioni sull’industria metalmeccanica: per il 78% il 2025 sarà un anno molto difficile, per il 17,4% sarà neutro. Solo il 4,6% mostra positività. Il mercato del lavoro italiano per il 24,4% andrà bene, per il 33,8% non andrà male e per il 41,8% peggiorerà. Oltre la metà del drappello di intervistati è negativo sui rapporti tra Usa-Europa, sulla tutela dell’ambiente, sulle democrazie occidentali. Poco entusiasmo suscitano anche le prospettive di crescita per l’Italia (il 10,4% è ottimista, il 42,1% cauto e il 47,5% pessimista) e la qualità della vita, giudicata in peggioramento dal 41,6% degli esperti e in miglioramento soltanto dal 9%.

Il lavoro? «Sfidante» e «flessibile»

L’aggettivo più gettonato per descrivere il lavoro del futuro è «sfidante» (55,8%), seguito da «flessibile» (53,3%) e «segmentante» (41,8%), ossia caratterizzato da una crescente distanza tra chi si può permettere di scegliere l’attività che desidera e chi dovrà accettare il mestiere che trova. Anche «competente» e «per obiettivi» riscuotono successo. Il rischio? Che il lavoro diventi sempre più povero (23%) e precario (17,9%). Solo il 5,8% pensa invece che il lavoro umano sia destinato a scomparire, sostituito dall’intelligenza artificiale.

I timori per la sostenibilità del welfare

Colpisce come, nella classifica delle sfide principali per il Paese, sul podio (44,6%) svetti la sostenibilità dei servizi di welfare, prima ancora della demografia (34,3%). È altrettanto indicativa l’urgenza più avvertita per innovazione tecnologica e qualità della formazione che per denatalità e gestione degli eventi climatici estremi. In coda l’approvvigionamento energetico, la ricerca (14,2%), l’efficientamento dei sistemi produttivi (13,6%). All’ultimo posto l’uguaglianza di genere (6,6%).

La crisi dell’Onu e l’impasse dell’Ue

Dal punto di vista politico, gli scenari ritenuti più probabili sono l’ulteriore accentramento del potere in capo al Governo, a scapito del Parlamento, e il calo della partecipazione, ma anche la significativa perdita di funzioni dell’Onu e, in seconda battuta, dell’Ue (solo uno su quattro vede possibile una transizione verso gli Stati Uniti d’Europa). L’ascesa di modelli autocratici anche in Occidente divide a metà il panel.

Fonte: Il Sole 24 Ore