Chimica: «Energia cruciale per difendere l’industria Ue»

Chimica: «Energia cruciale per difendere l’industria Ue»

Se è vero che non c’è industria senza la chimica, lo è ancora di più che non c’è transizione ecologica e digitale senza la chimica. Per questo il ruolo del comparto va riconosciuto e valorizzato nelle politiche economiche e ambientali della Ue, secondo il presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, che ha incontrato a Bruxelles i parlamentari italiani di tutti i partiti politici rappresentanto quanto il tema dell’energia sia cruciale per l’industria. Il settore ha un ruolo che «va ben oltre il proprio perimetro – afferma Buzzella -. Siamo il cuore pulsante dell’innovazione industriale e al centro di numerose innovazioni che stanno guidando la transizione verso fonti di energia pulita e rinnovabile. Tecnologie come il riciclo chimico, materiali innovativi, cattura e riutilizzo della CO2, biocarburanti e prodotti chimici da fonti rinnovabili, sono essenziali per l’economia circolare e la transizione ecologica. Senza un’industria chimica forte, molti settori a valle – dalle costruzioni all’automotive, dall’agroalimentare al tessile – non potrebbero evolvere verso modelli più sostenibili e competitivi».

Per Federchimica ha partecipato una delegazione di 40 rappresentanti: i vicepresidenti, il consiglio di presidenza e i presidenti delle 17 associazioni di settore.

Le tecnologie per la transizione e la competitività

«Siamo in una oggettiva difficoltà – afferma Buzzella -. I tempi imposti dall’Europa sono troppo veloci, le tecnologie per la transizione devono essere testate e bisogna farle crescere di scala. Per la chimica europea, la Commissione Ue ha indicato la necessità di 238 miliardi addizionali di investimenti entro il 2050 che si traduce in 31 miliardi per l’Italia. Stiamo parlando del 40% in più del trend storico degli investimenti. Non è solo una questione economica, ma di competitività delle tecnologie. Una volta che la spesa è stata fatta è necessario avere degli impianti che permettano di stare sul mercato. Quello che oggi manca sono tecnologie fruibili, scalabili e economicamente sostenibili. Per di più oltreoceano i concorrenti continuano a produrre con fonti fossili, pagando l’energia un decimo. Negli Usa il gas viene pagato 5 dollari a megawattora, in Europa tra 45 e 50 euro. La sostenibilità se non è economica non potrà mai essere neppure ambientale perché si chiude. Per di più non dimentichiamo il sistema distorsivo degli Ets che fa sì che gli energivori paghino l’energia due volte, per i consumi e per il gas combusto. È sempre più urgente intervenire».

La dimensione dell’industria chimica europea ed italiana

Qualche numero per ricordare le dimensioni dell’industria chimica. Con una quota pari a circa il 15%, ossia 655 miliardi di euro nel 2023, l’Unione Europea è il secondo produttore chimico al mondo, mentre l’Italia, con 67 miliardi di euro di fatturato, è il terzo produttore europeo, con una quota pari a circa il 10%, dopo Germania e Francia. Nella classifica globale il nostro Paese è al dodicesimo posto. Questi numeri e questi risultati rischiano di diventare più il portato e il risultato della storia passata che di quella presente perché le imprese si trovano a lavorare in un clima internazionale difficile, dovuto al rallentamento della crescita economica, all’inflazione persistente e alla pressione crescente sui costi energetici che sono elementi critici, soprattutto in un contesto caratterizzato da tensioni geopolitiche, instabilità delle forniture di materie prime. «Il settore soffre la crescente competizione dei Paesi emergenti, che offrono condizioni di produzione più vantaggiose a fronte di minori tutele ambientali e di welfare», ricorda il presidente di Federchimica.

L’avanzata della Cina

I numeri raccontano un arretramento importante dell’Europa e di un avanzamento della Cina. La quota europea nelle vendite globali di prodotti chimici in 10 anni è infatti scesa dal 17% al 14%, con una riduzione della produzione europea di oltre il 10% nel solo 2023. Il 75% di annunci di chiusure di impianti chimici è in Europa, solo nel 2024 abbiamo perso 11 milioni di tonnellate di produzione che ovviamente sono andati a favore di altri continenti. Pensiamo solo al fatto che dal 2019 a oggi le importazioni dalla Cina verso l’Unione europea sono triplicate. «Andando avanti di questo passo rischiamo di non avere più etilene, propilene, cloro, benzene, ammoniaca, ossia le produzioni più penalizzate dal green deal. Senza queste sostanze l’industria chiude, dobbiamo decidere da che parte vogliamo stare. Vogliamo difendere l’industria o andare avanti con il green deal costi quel che costi?», chiede Buzzella ai parlamentari europei.

Fonte: Il Sole 24 Ore