Chimica, le imprese spendono il 2% del fatturato in sostenibilità sociale e ambientale

Chimica, le imprese spendono il 2% del fatturato in sostenibilità sociale e ambientale

Fare – oltre che parlare di – sostenibilità ambientale e sociale chiede molte risorse, come sanno bene le imprese chimiche che tra investimenti e costi operativi destinati a questi temi spendono il 2% del valore economico generato: questo significa un ammontare complessivo di 763 milioni di euro, solo se consideriamo le 173 imprese del programma Responsible care-Federchimica, arrivato alla trentesima edizione. Il loro fatturato aggregato è di 35,6 miliardi di euro, pari al 53% del settore che nel complesso raggiunge 67,4 miliardi. Quindi considerando l’intero comparto parliamo di una spesa dedicata al capitolo sostenibilità che ricomprende salute, sicurezza e ambiente di circa 1,5 miliardi di euro. A cui va aggiunto un miliardo di euro di investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo. Fatto 30, gli industriali della chimica si preparano già a fare 31. Lo sguardo è sempre rivolto al futuro, ma senza negare che «è un momento molto delicato, anche per le note vicende geopolitiche, che espongono le imprese a tensioni di difficile gestione sui mercati internazionali», ha spiegato il presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, alla presentazione del trentesimo rapporto Responsible care, avvenuta alla Biblioteca della Camera dei deputati Nilde Iotti. Nel suo saluto di apertura il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha sottolineato che «si tratta di un settore cruciale per lo sviluppo del Paese e per renderlo più competitivo. I dati mostrano quanto contribuisca all’economia italiana, in termini di innovazione, dove investe ingenti risorse finanziarie e umane generando ricadute positive in numerose filiere. Ma anche in termini di occupazione: se consideriamo l’indotto dà lavoro a 300mila persone».

L’impegno sulla sostenibilità chiede il supporto di istituzioni e politica

Buzzella dal canto suo ha ribadito che «come industria e come chimica siamo impegnati a perseguire la transizione ecologica e digitale, ma abbiamo necessità del supporto delle istituzioni e della politica. La sfida che stiamo vivendo è veramente epocale». È però vissuta poggiando su numeri, come quelli del Responsible care, da cui emerge come «sicurezza, salute e un elevato livello di benessere e salubrità sui luoghi di lavoro siano elementi distintivi del settore chimico. Un risultato che si deve anche all’impegno delle Parti sociali settoriali nella promozione della responsabilità sociale e del welfare contrattuale, che ha contribuito a realizzare un rapporto di lavoro moderno, flessibile e inclusivo, finalizzato a dare risposte alle esigenze dei lavoratori e dei loro familiari», ha affermato il presidente di Federchimica.

Il rapporto Responsible care-Federchimica

Facendo parlare proprio i numeri, quelli del rapporto presentati ieri dal presidente del programma Responsible care-Federchimica, Filippo Servalli, dicono che nel 2023 l’industria chimica ha generato un valore della produzione pari a 67,4 miliardi di euro. Di questi, il 91,4% (61,6 miliardi di euro) è stato distribuito agli stakeholder, sotto forma di acquisti di beni e servizi, spese per il personale e imposte versate alla pubblica amministrazione. In questa redistribuzione, il capitolo spese per i lavoratori, con 6,4 miliardi di euro, pesa quasi il 10%. A cui si aggiungono quasi un miliardo di imposte e oneri sociali connessi ai dipendenti, ma anche 900 milioni con cui l’industria chimica contribuisce al bilancio pubblico e all’offerta di servizi ai cittadini. Sempre in tema di lavoro, tra i dati più significativi che emergono «c’è l’impegno delle imprese sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: l’incidenza degli infortuni nel settore è inferiore del 39% rispetto alla media manifatturiera», ha osservato Servalli. Dal 2010 il numero degli infortuni, a parità di ore lavorate, è diminuito del 44% e mostra un ulteriore calo del 10% rispetto al 2019, anche grazie alla sensibilizzazione dei dipendenti verso atteggiamenti sicuri e responsabili: negli ultimi 13 anni il numero di ore di formazione per dipendente è cresciuto del 23%.

Il presidente dell’Inail, Fabrizio D’Ascenzo, ricordando la lunga collaborazione con Federchimica riferendosi ai dati emersi ha sottolineato che sono «un indicatore importantissimo per rappresentare la situazione. La loro analisi è fondamentale anche per raffinare la prevenzione e capire dove dobbiamo intervenire e in che maniera. Se c’è un andamento decrescente per alcuni fenomeni, è positivo ma non ci dobbiamo accontentare. L’industria chimica è sicuramente luogo sicuro, è un settore virtuoso dove c’è grande impegno sulla salute e sicurezza, ma possiamo migliorare. Zero infortuni può essere un traguardo ideale, ma dobbiamo provarci». Per questo è importante diffondere la cultura della sicurezza e fare «un ragionamento sulla formazione – ha aggiunto D’Ascenzo -. La cultura della sicurezza parte dalla responsabilizzazione delle persone. Non siamo tendenti a un approccio sanzionatorio, pensiamo che occorra fare maturare nelle persone la convinzione dell’importanza di lavorare in sicurezza. Dobbiamo partire fin dalle scuole a spiegarlo».

A trascinare i risultati positivi sulla salute e sicurezza c’è tutta l’innovazione introdotta grazie alle tecnologie digitali ma anche attraverso le relazioni industriali. Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, intervenuto in rappresentanza del mondo sindacale del settore ha ricordato che il settore si appresta «ad affrontare il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, dove dobbiamo mantenere ferme le due questioni centrali. Da una parte le persone, senza le quali non riusciremmo a fare le cose fatte finora. Le persone devono essere al centro e convinte del processo di grande trasformazione in corso. Dall’altra il nostro sistema di relazioni industriali deve ancora continuare a esprimere il valore aggiunto che ha caratterizzato i nostri rapporti. Continuerà a portare esempi e ad essere un modello per l’industria del nostro Paese».

Fonte: Il Sole 24 Ore