Chiusura delle università in Bangladesh per soffocare la protesta degli studenti

Dal nostro corrispodente

NEW DELHI – Il governo del Bangladesh nella notte tra martedì e mercoledì ha chiesto la chiusura di tutte le università del Paese nel tentativo di sedare una protesta studentesca che in pochi giorni è costata la vita a sei dimostranti e il ferimento di centinaia d’altri.

I manifestanti chiedono la cancellazione di un meccanismo di discriminazione positiva che favorisce i parenti di chi ha preso parte alla lotta per l’indipendenza del Paese dal Pakistan nel lontano 1971. In base alle regole vigenti avere avuto un freedom fighter in famiglia garantisce l’accesso a una quota del 30% dei posti di lavoro nell’ambito settore pubblico. La quota riservata ai famigliari dei reduci è di gran lunga la più grande di quelle che complessivamente riservano a particolare categorie, il 56% dei posti statali.

La questione, solo apparentemente minore, ha invece una sua rilevanza nella società del Paese asiatico perché su una popolazione di circa 170 milioni di abitanti i giovani che non hanno né un lavoro né stanno studiando per averne uno sono 32 milioni. La quota per i parenti dei reduci era stata sospesa, dopo altre proteste studentesche, nel 2018, ma un tribunale recentemente l’ha reintrodotta. Il caso sarà affrontato nelle prossime settimane dalla Corte Suprema.

Nonostante l’economia del Paese cresca da alcuni anni a ritmo sostenuto, il settore pubblico è considerato particolarmente allettante non solo da chi insegue il sogno del “posto fisso” perché offre retribuzioni mediamente più alte rispetto al settore privato. Ogni anno circa 400mila laureati partecipano a un concorso pubblico che mette in palio 3mila posti.

Fonte: Il Sole 24 Ore