Cinecittà tenta la risalita e sonda i grandi produttori

In tempi normali per una realtà come Cinecittà si tratterebbe di attività “core”: sondare i produttori, soprattutto i grandi produttori internazionali, per favorire una maggiore occupazione degli studios. Come del resto è stato nel 2022.

Peccato che questa non sia una fase routinaria per la cittadella del cinema in riva al Tevere. Innanzitutto per questioni “endogene”: Nicola Maccanico ha lasciato il ruolo di ad, sostituito da Manuela Cacciamani e accompagnato da polemiche legate a una nota di credito di 3 milioni a favore di Fremantle (che con Cinecittà ha un accordo di cinque anni per l’occupazione di studios) oggetto di valutazione del nuovo Cda secondo cui questa potrebbe spostare i conti in negativo (questione sulla quale il diretto interessato si è detto per nulla preoccupato).

Attività frenata in attesa della riforma tax credit

Ma per Cinecittà il 2024 si è presentato sotto auspici non proprio ottimali sin dall’inizio. L’onda lunga degli scioperi a Hollywood, ma anche l’attesa per la pubblicazione della riforma del tax credit, hanno frenato l’arrivo di produzioni. Va ricordato che il decreto interministeriale sul nuovo tax credit per cinema e audiovisivo è del 10 luglio, con pubblicazione il 14 agosto sul sito del Mic e successiva presentazione alla Mostra del cinema di Venezia il 31 agosto.

Il tutto dopo un aspro dibattito fra chi ha definito questo provvedimento – al quale ha lavorato in prima linea la sottosegretaria Lucia Borgonzoni – non adeguato in considerazione di maglie e criteri bollati come troppo stringenti e penalizzanti per le produzioni e, dall’altra parte, il Mic schierato in difesa dei nuovi criteri pensati per correggere quelle che sono state considerate come storture della precedente Legge Franceschini.

Intanto però da inizio anno Cinecittà si trova a fare i conti con un mood completamente diverso rispetto agli ultimi tempi di piena occupazione. Non solo per il tax credit con ogni probabilità. Certo è che, rimanendo sul tema degli incentivi fiscali, altrove si è spinto. In Uk il tax credit è salito dal 20% al 35% circa, e anche in Spagna è del 40% come a Malta. Tutto questo mentre in Italia si è anche molto puntato sul tema delle premialità (come nel caso dell’utilizzo di maestranze italiane).

Fonte: Il Sole 24 Ore