Cinepanettone (quasi) politically correct – Il Sole 24 ORE
La smanacciata e lo zoom insistito su décolleté e lato b non ci sono più: anche il cinepanettone si adegua (quasi) al politically correct. Perché, sebbene il regista, Eros Puglielli, lo definisca un “racconto picaresco”, Cortina Express è di fatto il nuovo cinepanettone, ripulito dai tormentoni comici classici, tipo Bestia, che dolore! dell’ormai filogovernativo Boldi, puzzette e bisogni primordiali. La trama è presto detta: ci sono due famiglie altoborghesi che si stanno per unire in matrimonio, ma una (quella della sposa) è in balia di guai finanziari. Il matrimonio affrettatissimo, con incontro dei familiari a Cortina tra Natale e Capodanno, sa di bruciato.
Oltre al (quasi) politically correct il film presenta un po’ di novità rispetto ai vecchi cinepanettoni e agli slalom tra i soliti amorazzi, che si snodano tra piste da sci e discoteche. Partiamo dalle prime scene: Christian De Sica, gran re del genere, è sul tavolo da gioco nei panni del ricco decaduto Lucio De Roberti e, mentre perde, viene interrotto da una telefonata. È la sorella, in vacanza al caldo, preoccupata dell’annuncio del matrimonio del figlio. Ma attenzione: la sorella chiama non da luoghi chic – Maldive, Miami, Bahamas –, ma dall’India (anche se Un Natale in India Neri Parenti lo aveva fatto nel 2003), da un ritiro spirituale radical chic. Poi si cambia inquadratura e arriva Lillo Petrolo, che impersona il cantante (sconosciuto ai più) e produttore discografico Dino Doni, in dialogo con un barista, immigrato di seconda generazione, che parla un ottimo romanesco. Perfettamente integrato. Evviva.
I due, Lucio e Dino, in comune hanno il fatto di essere entrambi squattrinatissimi, ma mentre il nobile De Sica è un mascalzone impenitente, pronto a vendere la madre per sbarcare il lunario, Lillo, da padre assente, è in rilancio nella sua carriera genitoriale verso la figlia Giorgia (Beatrice Modica). Seconda cosa in comune, è che Lucio e Dino viaggiano entrambi sul Cortina Express, il torpedone che dà il nome al film e su cui salgono da Roma per raggiungere la regina delle Dolomiti. De Sica si precipita dal nipote (Francesco Bruni), esprimendo le sue preoccupazioni sul fidanzamento, dettate da affetto sincero, pur chiamandolo sempre Antonio invece di Andrea. E in questo slancio si fa scucire un assegno dal futuro sposo. Christian De Sica assomiglia sempre più al padre, sia fisicamente, sia nei ruoli di amabile truffaldino charmant, che perde tutto al gioco, in barba alla famiglia (come anche da biografia reale). Christian, in più, mette i suoi proverbiali anglicismi posh. Lillo da subito introduce lo slapstick nel suo personaggio di loser “vorrei ma non posso”. Nelle sue gag ricorda Massimo Troisi, quel mettere mani, gambe e corpo sempre dove non deve. Quando incita la figlia a una vita sessualmente libera, poi, riaffiora subito la scena della gelosia in Ricomincio da tre.
Il vecchio sessismo c’è naturalmente con le “gnocche” a pagamento in discoteca: per un salto nelle pari opportunità ci sarebbero voluti degli gigolò. In verità un “col coso” c’è, però trans, che insiste orgogliosamente a farsi chiamare Franco, nel segno della fluidità, parola ormai quasi immancabile. Rimangono vecchi elementi intramontabili, come l’“estetica” cortinese di vette, cabinovie e Hotel Posta: è pur sempre girato con il contributo della Regione Veneto e della Veneto Film Commission. Anche se i veneti fanno sempre la parte dei cornificatori (immancabile il cervo come simbolo), cinici e materialoni, stile Signore e signori di Pietro Germi. La Zanin (Veronica Logan), con un marcato accento falso-veneto, è una bella signora di mezz’età che cerca avventure più nel binario del pornosoft che in quello progressista della libertà erotica. In tema di cantilene, c’è anche quella milanese di Osso Sacro, il rapper Fedezsagomato, interpretato da Riccardo Maria Manera: così smodata (la cantilena) da far rimpiangere il lombardese di Boldi. Il cameriere dell’hotel, invece, è bello, povero e meridionale. Si chiama Gennaro (Ernesto D’Argenio), iperlavorante e insiste sempre sulla stessa gag. Belloccio e di buon cuore, si innamorerà, ricambiato, di una della sua classe sociale. Così anche altre unioni si profilano sempre per caste, in un’Italia impietrita nelle logiche di famiglia, in luoghi caldi e fané. Il massimo per le ragazze sembra accasarsi, non ci sono battutine e tormentoni politici, rimangono i soliti derby regionali. Su una cosa Cortina Express sa essere realista. Mentre nel Vacanze di Natale dell’83, firmato dai Vanzina, Donatone Braghetti (Guido Nicheli) si intratteneva sulla scelta dell’auto nuova ed esprimeva la visione edonista reganiana: «ma la libidine è qui amore: sole, whisky e sei in pole position!», e «Milano Cortina due giri di Rolex», qui son tutti indebitati e la ricchezza vien solo dalle eredità. L’unica traccia di futuro sta nell’auto elettrica, che però è un product placement così smaccato da essere quasi divertente. I cattivi sono in linea con la politica (finora) internazionale: stereotipatissimi tagliagole russi, il cui capobanda Alexei Smirnoff è Paolo Calabresi, indimenticabile elettricista Biascica in Boris. Le chiacchierate tra Smirnoff e Lillo sono tra i momenti più brillanti. Bravissima Isabella Ferrari (anche se sul pressbook c’è scritto freudianamente Isabella Ferilli), l’impassibile calcolatrice Patrizia Giordano che vuole turlupinare il povero Lillo.
Sottoccupato Marco Marzocca nei panni del marito di Patrizia. Lo spettatore ride solo perché ci si ricorda del domestico filippino Ariel e del Notaio di Zelig. Per ora la carriera attoriale dei due promessi sposi Agata Samperi (Guendalina) e del già citato Francesco Bruni sembra destinata a inchiodarsi qui. Comunque, pur in assenza di Neri Parenti e dei Vanzina, anche quest’anno il cinepanettone è servito: basta prendere due comici riconoscibili, mescolarli ai fiocchi di neve e a una storia (quasi) d’amore…
Fonte: Il Sole 24 Ore