Cini, una lanterna per l’isola e il mondo
Sarà perché ha una laurea in astrofisica e cita con sicurezza scienziati italiani come Riccardo Giacconi o come l’ancora meno noto (ma non meno grande) Beppo Occhialini – protagonisti italiani dell’avventura spaziale con «i satelliti che, fuori dall’atmosfera, ci consentirono per la prima volta di vedere cose nuove, togliendo un filtro» –, sarà perché è abituato a non intimidirsi mentre declina le virtù dei Principia di Bertrand Russell e A. N. Whitehead, sta di fatto che Gianfelice Rocca, patron del colosso Techint e fresco neo presidente della Fondazione Cini di Venezia, sembra più un intellettuale umanista che un capitano d’industria. Capace di fondere in maniera sottile quelle “due culture” (vedi il celebre libro di Snow), apparentemente nemiche, che una volta tenevano il campo del dibattito critico. E propone, con la sua visione, che si intuisce fin d’ora propulsiva e di ampio respiro, aperta alla contemporaneità e al mutamento epocale che attraversiamo, una nuova “stagione” per la Fondazione che affronta le sfide del futuro consapevole di un ruolo che, al tempo stesso, è locale e globale, “umile” ma ambiziosissimo.
Nella sala riunioni della sua azienda incombe su di noi l’immagine di un’altra isola; non San Giorgio ma una del porto di Rotterdam, dove le navi di un impianto di rigassificazione arrivano e ripartono. Quella foto gli serve da paragone per rompere il ghiaccio e per dichiarare che San Giorgio a Venezia è un unicum al mondo: «Lo spirito con cui interpretiamo il luogo è determinante. Quando il maestro Brunello viene a suonare nello spazio della Fondazione adibito ai concerti, suona guardando la Laguna: il bello interno e il bello esterno che si raggiunge in un luogo davvero unico come la Cini».
Rocca ricorre a una metafora molto appropriata per spiegare quale ruolo intende fornire, durante la sua presidenza (succede a Bazoli, che era in carica dal 1999, che ha guidato la prima trasformazione della gloriosa istituzione veneziana), con il supporto del comitato direttivo e di tutto il team, con i soci fondatori e con la direzione scientifica di Daniele Franco (ex ministro dell’Economia e dg di Bankitalia), ai prossimi sviluppi della Cini. È l’immagine della lanterna. «Noi non abbiamo la pretesa di guidare gli altri. La Cini, in realtà, è poliforme e ha molte vite, è difficile definirla. Non è mai stata solo umanesimo puro, se pensiamo che qui Veronesi faceva i suoi convegni scientifici. Noi non vogliamo essere un faro che illumina il mondo, ma una lanterna che rischiara un ambiente, dove ciascuno è a suo agio nell’espimere le sue posizioni. In questo senso, io non voglio inventare il futuro della Cini ma interpretarne il passato»; perché questa idea di dialogo tra isola e mondo è da sempre il fulcro dell’attività, passata, presente e prossima.
«Mi aveva colpito», continua Rocca, «leggendo il quaderno dei Dialoghi di San Giorgio», iniziati fin dagli anni 50, e portati allo splendore da Vittore Branca, l’ambizione dichiarata che «ciò che si studia e discute a San Giorgio sia rilevante per l’umanità. Questo è un luogo speciale, quasi extraterritoriale, un po’ come lo è Venezia, che si vuole candidare per essere punto di riflessione globale, dove parlare liberamente. Ed è un luogo laico per eccellenza, libertà di parole e confronto. È un’isola della speranza, dove arrivare a posizioni che hanno l’ambizione di influenzare in positivo». Il processo delle idee: si torna a Russell, appunto, nel mettere a punto un metodo che individui piuttosto sentieri filosofici che direzioni univoche, un programma che non cerchi ricadute sull’immediato (il tempo della cultura è sempre stato lungo) ma piuttosto sia capace di durare nel tempo. «La cultura è uno dei linguaggi non militarizzati e può creare ponti per parlarsi». Per questo Rocca ha deciso di partire con un simposio (a novembre, a porte chiuse) che affronta una delle sfide più grandi, ed enigmatiche, dell’umanità ventura: l’intelligenza artificiale. Porterà a Venezia alcuni dei più autorevoli ricercatori internazionali ed esperti per discutere le sfide legate all’applicazione dei nuovi strumenti di IA. Ma si parlerà anche, e, forse, soprattutto, di etica e dello sforzo di regolamentazione in corso ovunque.
«Siamo di fronte a un cambio d’epoca. Si va verso un mondo multipolare in termini di multicivilizzazioni. India e Cina, ma anche tutto il Global South, non vogliono fare riferimento all’Occidente come schema culturale. Questo significa che sta svanendo un colossale soft power e noi siamo in una fase della cultura occidentale nella quale ci confrontiamo sempre più con i temi dell’identità e della cancellazione». Le attività seminariali (al ritmo di 2-3 all’anno) si tradurranno in un consensus paper e diverse azioni. «Ci sarà un gruppo che si occupa della disseminazione dei risultati ottenuti». Conflitto di civilizzazioni, accelerazione della tecnologia e della scienza, i labili confini tra naturale e artificiale, le modifiche genetiche che pongono il tema, invece, del confine dell’uomo: la lanterna cerca di fare luce sui punti più oscuri che attraversano, talora drammaticamente, l’attualità. «La Cini è un attore profondamente radicato nel territorio e abbiamo già riscontrato l’entusiasmo partecipativo delle istituzioni cittadine, come l’Università o la Biennale», ma la Fondazione «vuole essere aperta al mondo e cercheremo delle istituzioni partner a livello internazionale».
Fonte: Il Sole 24 Ore