Città a misura d’uomo (non di donna)

Una città “facile”, efficiente, nella quale sentirsi sicure (e dunque senz’altro sicuri), che agevoli l’inclusione e riduca le disuguaglianze, ricca di spazi verdi, con centri storici che non si svuotino, dotata di servizi e infrastrutture sociali che garantiscano la corretta gestione del tempo: quante volte ne abbiamo letto o abbiamo ascoltato, sul tema, commenti di architetti, urbanisti e sociologi? C’è però un ulteriore punto di vista, che è quello di Leslie Kern docente di Geografia e Ambiente e direttrice degli Studi sulle donne e sul genere alla Mount Allison University, in Canada – sviluppato nel suo La città femminista, riproposto da Treccani.

È una disamina dei mille aspetti che si sottovalutano o non si considerano, nelle città, ma che possono cambiare radicalmente la vita quotidiana (non solo, peraltro, per le dirette interessate), come dimostrano i sette capitoli che articolano il volume, focalizzati su altrettanti “tipi” di città: degli uomini, delle mamme, delle amiche, dei single, delle proteste, della paura, delle possibilità. La città, ricorda l’autrice, non è un organismo neutro, le esperienze e le percezioni di ogni persona cambiano a seconda del sesso, della classe sociale, della religione, dell’età, del colore della pelle. L’assenza di scale mobili e ascensori nelle metropolitane, che complica la vita con passeggini e sedie a rotelle rallentando la mobilità complessiva, le ulteriori difficoltà di chi vive in zone periferiche (che vuol dire meno attrezzate, meno servite dai mezzi pubblici, oltre che meno sicure), i condomìni fatti di piccole unità che non favoriscono la socializzazione, gli spazi pubblici che potrebbero agevolare condivisioni e aiuti tra amiche: sono solo alcuni degli esempi portati da Kern, attraverso un racconto che si nutre di riferimenti accademici, vissuto personale, citazioni di film e serie tv. Una modalità felice che fa scattare in chi legge identificazioni o riflessioni cui non si era pensato.

Nel capitolo dedicato ai single, l’autrice descrive la meticolosa ricerca di posti in cui poter mangiare da sola senza rischiare di sentirsi a disagio, perché una donna priva di compagnia suscita ancor oggi interrogativi e sguardi insistenti. Sul fronte della sicurezza gli interventi, in parte già in essere in tante città, sono persino banali, come ricorda Kern: dal miglioramento dell’illuminazione all’installazione di pulsanti di emergenza nei parcheggi e nei parchi, dalla creazione di app che segnalino molestie sui mezzi pubblici all’eliminazione della pubblicità sessista (quest’ultima tutt’altro che dura a morire, anzi).

La filosofia di una città femminista, ad ogni modo, è più ampia, incrocia le politiche che riguardano l’autonomia della donna che, a catena, ha effetti sull’educazione dei figli, sul lavoro e dunque sull’economia di un Paese, sulla cura degli anziani: anche su questo il saggio offre spunti interessanti.

La città femminista
Leslie Kern
Traduzione di N. Pennacchietti, Treccani, pagg. 194, € 22

Fonte: Il Sole 24 Ore