Cittadinanza, proposta di legge della Lega: va revocata per reati gravi
La Lega ha presentato una proposta di legge per la riforma della cittadinanza. Il testo, formato da un solo articolo, propone modifiche all’attuale legge sulla cittadinanza (la n.91 del 1992) centrate soprattutto sui requisiti negativi per non concedere o per revocare la cittadinanza. Prevede che lo straniero che chiede di diventare cittadino italiano, dimostri una conoscenza approfondita dell’italiano (anche giurando, in italiano, fedeltà alla Repubblica). La cittadinanza può essere negata in caso di reati gravi contro la persona o contro il patrimonio. E può essere revocata in caso di condanne definitive per reati gravi come violenza sessuale, pedofilia o omicidio. Fattispecie che si aggiungono a quelle previste dalla normativa attuale (reati con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine costituzionale). La proposta è stata depositata alla Camera, primo firmatario il deputato Igor Iezzi
Iezzi (Lega): se delinqui torni a casa tua
«La Lega crede che la cittadinanza italiana non si debba regalare. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge con modifiche per l’acquisizione e il mantenimento – ha spiegato – Prima di tutto se vivi nel nostro Paese, devi sapere la nostra lingua e dimostrarlo, anche giurando fedeltà alla Repubblica in italiano. Poi, si passa ai reati. Se un neo-maggiorenne è stato condannato per fatti gravi non otterrà la cittadinanza. Viene anche ampliato il numero dei reati che porterà a togliere la cittadinanza a chi già la possiede. Vogliamo che la cittadinanza possa essere tolta anche dopo averla ottenuta, se si commettono reati come omicidio o violenza sessuale. Un concetto deve essere chiaro: se delinqui torni a casa tua».
No alla cittadinanza ai maggiorenni stranieri in caso di reati gravi contro persona e patrimonio
Si parte dalla considerazione che allo stato attuale, per lo straniero nato e vissuto in Italia fino alla maggiore età, la legge richiede la sola residenza legale ininterrotta nel nostro Paese per acquisire la cittadinanza, «senza prestare attenzione», come nei casi di cittadinanza per matrimonio o per residenza da almeno dieci anni, «alla sua effettiva integrazione». Si tratta di «un vuoto normativo – si legge nella relazione illustrative – che con la presente proposta di legge si intende colmare, anche alla luce dell’aumento preoccupante del numero dei reati compiuti dai minorenni stranieri, secondo i dati diffusi nel rapporto sulla criminalità minorile del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale e riportati dalla stampa, nonché della crescente e preoccupante diffusione del fenomeno delle cd baby gag». Ecco perché vengono previsti reati che la precludono. In particolare vengono citati quelli più gravi contro la persona o contro il patrimonio e, in aggiunta, quello che punisce chi coltiva, produce, vende o procura agli altri sostanze stupefacenti.
Giuramento da pronunciare in italiano
Sulla revoca, la proposta chiede di aggiungere le condanne definitive per i reati di omicidio, per le pratiche di mutilazioni di organi genitali come l’infibulazione, il reato di tratta di persone, la violenza sessuale comprese alcune aggravanti. Riguardo alla conoscenza della lingua, il testo specifica che il giuramento alla Repubblica e al rispetto della Costituzione (attualmente richiesto per legge, per validare il decreto di concessione della cittadinanza) sia pronunciato in italiano.
La proposta di Forza Italia sullo ius scholae
Tra Camera e Senato, a parte quello recente della Lega, da inizio legislatura sono 17 i testi depositati (12 a Montecitorio e 5 a Palazzo Madama) per rivedere i requisiti per chi vive e lavora in Italia. Nessuno ha iniziato ancora il suo iter in commissione. La più recente è la proposta di Forza Italia, che quest’estate ha rilanciato il tema dello ius scholae. Il disegno di legge, depositato il 9 ottobre sia alla Camera che al Senato (primi firmatari i capigruppo Maurizio Gasparri e Paolo Barelli) e ribattezzato “ius Italiae” dal leader azzurro Antonio Tajani, parte dal presupposto che la «scuola è il modo migliore per integrare» gli stranieri che vivono nel nostro Paese. Ecco perché introduce, tra l’altro, lo ius scholae, ossia la concessione della cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi in Italia. Il testo è, però, più restrittivo di quello presentato nella scorsa legislatura da Renata Polverini che riteneva sufficiente il «compimento del corso della scuola primaria». Nella nuova proposta gli anni di frequenza scolastica diventano dieci. Infatti può ottenere la cittadinanza italiana lo straniero nato in Italia o che arriva «entro il compimento del quinto anno di età», se «risiede ininterrottamente per dieci anni in Italia e – si legge nella relazione illustrativa – frequenta e supera le classi della scuola dell’obbligo (5 anni elementari, 3 anni di medie, 2 di superiori)». La cittadinanza può scattare perciò a 16 anni.
Fonte: Il Sole 24 Ore