Civilization VII è il manuale di scienza della politica che gioca con la storia e i popoli

Civilization VII è il manuale di scienza della politica che gioca con la storia e i popoli

«Ancora un turno e poi vado a dormire, ancora un turno e poi vado a dormire, ancora un turno e poi vado a dormire…». Quante volte i giocatori di Civilization si sono ritrovati a tirare tardi incastrati nella storia, magari per gestire la scoperta della bomba atomica, l’assedio a un castello o inchiodati in una trattativa diplomatica con le potenze rivali. La magia di questo gioco di strategia d’autore nato nel 1991 rimane inalterata a 34 anni di distanza dal primo capitolo. L’autore, Sid Meier, ha contribuito fin dall’allora e nel suo settimo capitolo, che è una coraggiosissima mezza rivoluzione di un classico videoludico, ha voluto in qualche modo riflettere sul senso dell’eredità nella storia, sulla memoria, mischiando con coraggio un po’ le carte. E ci vuole coraggio.

Civilization VII è nato come un gioco di strategia in cui scegli un popolo, ne diventi il capo e lo conduci per mano attraverso la storia. Come loro leader puoi decidere praticamente tutto nel minimo dettaglio: se puntare sulla forza militare o sul progresso scientifico, sul commercio o sulla cultura, se diventare una teocrazia o una democrazia liberale. Dall’epoca antica fino alla conquista dello spazio. Per diventare una potenza mondiale dovevi imparare a occuparti di tutto, dall’acquisizione delle risorse alla difesa dalle minacce degli altri popoli, dalla scelta del sistema di governo a quelle in campo scientifico e tecnologico. In sostanza, quello costruito da Sid Meier era un simulatore di scienza della politica in miniatura, un po’ come quello di Will Wright con i Sims.

Di solito potevi scegliere di essere una figura storica degna di nota come Cesare, Cleopatra, Gandhi o Delano Roosevelt. Le tue scelte producevano conseguenze, sul benessere della tua popolazione come sulle nazioni vicine. Quindi dovevi governare, impedire rivolte interne e espandere la tua influenza nel mondo. Diciamo subito che ci sono ancora pochi momenti videoludici gratificanti come quello di costruire le Piramidi, realizzare la democrazia ovunque o diventare una nazione super tecnologica lasciando gli altri all’età della pietra.

In Civ VII la casa di sviluppo Firaxis ha voluto rompere gli schemi del passato, anche da un punto di vista della coerenza storica. Puoi cioè scegliere di essere Cesare Augusto ma metterti alla testa dei cinesi. Si potrà partire con le caratteristiche del popolo egizio e diventare indiani assumendone le caratteristiche. Ti ritroverai così nei panni di Napoleone a guidare i samurai giapponesi. Per la prima volta il successo dipende in buona parte dalla capacità di combinare leader, civiltà (e cimeli) per sfruttare al meglio le sinergie, il che rende Civ più profondo e intrigante dal punto di vista tattico e più moderno perché si lavora con le build, come in altri generi, studiando il mix di “abilità” per ottenere il tuo obiettivo. Per esempio, se il tuo obiettivo è la conquista militare del mondo, Carlo Magno e l’India Maurya offrono una “combo” interessante.

L’altra novità è la divisione della partita in tre epoche storiche. Prima partivi dai coloni e arrivavi dritto alla conquista della Luna. Ora iniziamo con l’Antichità, passiamo all’epoca delle Esplorazioni e chiudiamo con quella Moderna. Ogni periodo comporta nuovi obiettivi da raggiungere e ad ogni passaggio d’epoca possiamo cambiare civiltà. Ovviamente in base al progresso cambiano gli edifici, le unità militari, le risorse e di conseguenza la domanda di benessere. Entrando più nel gameplay del gioco, occorrerà non sottovalutare la collezione di cimeli, che sono oggetti esclusivi che si sbloccano accumulando esperienza e una volta equipaggiati offrono bonus aggiuntivi. Grande importanza, infine, rispetto ai capitoli passati, la riveste la diplomazia, che diventa una risorsa vera e propria e può essere spesa nelle trattative per ottenere vantaggi.

Fonte: Il Sole 24 Ore