Claudia Sheinbaum, la probabile prima donna presidente del Messico
Ha preso il Nobel nel 2007 con l’Ipcc, il panel dell’Onu che stila i rapporti sui cambiamenti climatici, ma promette che se vincerà la sfida per la presidenza proseguirà tutte le politiche del suo predecessore Andres Manuel Lopez Obrador, campione dei combustibili fossili. E’ questa una delle contraddizioni che le si rimprovera: essere un ingegnere ambientale esperta in rinnovabili e questioni climatiche, laureata a Berkeley con un passato all’università, ma essere anche troppo fedele aul suo mentore. Così il fatto che Claudia Sheinbaum, 61 anni, sarà probabilmente la prima donna a guidare il Messico dopo le elezioni di domenica 2 passa quasi in secondo piano in un Paese fortemente polarizzato e preda della violenza dei narcos.
I sondaggi sono dalla sua parte: guida con il 56,9% dei consensi su un’altra donna, anche lei ingegnere, espressione di una piattaforma di partiti di destra, Xochitl Gálvez. E quindi la domanda è non tanto se vincerà con il partito progressista Morena – cosa abbastanza scontata – ma cosa farà. Se si affrancherà dal carismatico Obrador a cui la Costituzione ha vietato un secondo mandato o se proseguirà le sue politiche all’ombra dell’uomo che ha permesso la sua ascesa ben prima che Sheinbaum diventasse nel 2018 sindaco di Città del Messico. Il sodalizio tra i due risale al 2000 quando Obrador, sindaco di Città del Messico, chiama Sheinbaum come titolare dell’Ambiente perché vuole ridurre l’inquinamento in città. Ma quello che critici e commentatori ora ricordano è la volontà dell’attuale candidata alla presidenza del Messico di fare qualsiasi cosa per rendere felice il suo capo. E adesso, a ventiquattro anni di distanza, gli aneddoti si sprecano sul questa possibile sottomissione della prima donna presidente ad AMLO, acronimo con cui viene chiamato Obrador.
Altri in realtà riferiscono tratti del carattere della Shei+nbaum che non fanno pensare a una spiccata propensione alla subalternità. Riporta il New York Times i commenti di gente che ha fatto parte del suo staff e che la dipinge come una dura, una che grida in faccia ai suoi collaboratori, insomma un brutto carattere. Il suo biografo le ha chiesto conto di ciò e ha ricevuto come risposta «non sopporto la gente pigra». Sheinbaum ha pure sottlineato che queste obiezioni sul suo carattere sono segno di sessismo e machismo, accuse non del tutto infondate visto il Paese in cui sono state formulate.
Sheinbaum, madre biologa e accademica e padre chimico, attivisti politici, un passato da ballerina e studi di chitarra, ha studiato Fisica alla prestigiosa National Autonomous University of Mexico e si definisce «figlia del ’68» ma probabilmente succederà e dovrebbe proseguire la politica di Obrador che non verrà ricordato solo per aver raddoppiato il salario minimo e aver sottratto milioni di messicani alla povertà assoluta, ma anche per essere stato colui che ha esaltato l’esercito, dato priorità ai combustibili fossili, e indebolito, dicono i critici, le istituzioni democratiche del Paese.
Se si vuole fare un passo più in là di Obrador, bisogna ricordare che da giovane Sheinbaum ha fatto parte di un movimento studentesco che difendeva l’istruzione pubblica dalle riforme che avrebbero comportato tasse universitarie alte e un aumento dei costi amministrativi. Il movimento ha impedito la privatizzazione dell’università ed è riuscito a istituire meccanismi democratici per discutere le questioni che riguardavano il corpo studentesco. Si tratta dei primi movimenti anti-neoliberali in Messico che sono stati una palestra per i politici di sinistra, ricorda Foreign Policy. Sheinbaum rivendica e prosegue questo attivismo universitario. Come Obrador, condanna «il neoliberalismo» che trasforma il welfare in una commodity ma al contrario di Obrador che non ha fatto molto per istruzione e sanità, Sheinbaum vuole essere ricordata come «la presidente dell’istruzione pubblica» e promette di costruire scuole, lottare contro l’abbandono scolastico, sostenere il sistema con fondi e migliorare le condizioni economiche degli insegnanti.
Fonte: Il Sole 24 Ore