Cnel: il trasporto pubblico in Italia è molto sotto la media Ue
Il trasporto pubblico in Italia è molto sotto la media Ue. Il nostro Paese può infatti contare su poco più del 40% della dotazione di metropolitane rispetto alla media dei principali Paesi europei, sul 53,7% della dotazione di reti tranviarie e sul 56% di quelle ferroviarie suburbane. È quanto si legge nella Relazione 2024 del Cnel sui servizi della Pa, presentata lo scorso ottobre. Nel settore del trasporto pubblico locale vi sono in Italia 11,3 addetti ogni 10mila abitanti, una percentuale molto lontana da quella della Germania (25,8), del Regno Unito (21,7) e della media Eu27 (16,4).
Solo il 7,4% degli spostamenti avviene con mezzi pubblici
Insomma siamo indietro. E forse anche per questo aspetto solo il 7,4% degli spostamenti giornalieri da noi avviene con un mezzo pubblico. Nelle modalità di trasporto utilizzate dagli italiani vi è ancora una larga prevalenza dell’automobile. Su 100 spostamenti medi nei giorni feriali il 66,3% sono effettuati con l’automobile, il 18,0% a piedi, il 4,1% in bicicletta e sistemi di micro-mobilità, il 4,1% in moto e solo il 7,4% con un qualsiasi mezzo pubblico.
Il Mezzogiorno arranca
Marcate le differenze territoriali. In riferimento alla mobilità urbana, nelle regioni del Nord-Ovest il peso del trasporto pubblico si attesta al 10,3%, più del doppio rispetto alle regioni meridionali ove si ferma al 4,3%.
In affanno i piccoli centri
Divario anche tra aree urbane e piccoli centri: il peso del trasporto pubblico nelle grandi aree urbane (oltre 250mila abitanti) raggiunge il 14,7%, contro il 4-5% dei centri più piccoli (meno di 50mila) e il 6% dei centri di media e medio-grande dimensione (fino a 250mila). «Considerando che nelle grandi aree urbane vive solo il 15% degli italiani – sottolinea il Cnel – la mobilità collettiva è particolarmente contenuta in porzioni molto ampie della popolazione. In definitiva, nel nostro Paese non si disinnesca il circolo vizioso di una mobilità collettiva destinata prevalentemente a chi non ha alternative e che rappresenta quindi per le politiche pubbliche un “bene inferiore” e non un “bene meritorio”».
Fonte: Il Sole 24 Ore