Come è facile (e inquietante) manipolare le foto con gli smartphone

Cambia una piccola cosa, ma con un grande impatto sul nostro rapporto di fiducia con la fotografia. Quella facile, fatta di selfie e scatti da smartphone. Le nuove funzioni di fotografia computazionale introdotte sui nuovi smartphone Pixel 9 – “Aggiungimi” e “Reimmagina” – segnano una piccola, ma significativa discontinuità simbolica nella nostra capacità di prescindere dalla realtà dei fatti. Da circa un decennio, algoritmi, modelli di machine learning e reti neurali convoluzionali fanno parte delle nostre vite, rendendo le foto che scattiamo più belle, lavorando su illuminazione, ombre e dettagli a livello di pixel. Questi strumenti si concentrano sul cosiddetto rumore digitale, rendendo ogni scatto che facciamo più che accettabile. Una manna dal cielo per chi ha un rapporto turistico, e non paziente e appassionato, con la fotografia.

Nel 2021, con l’introduzione della funzione Gomma magica – software simili sono disponibili anche per Android e iPhone – abbiamo iniziato a rimuovere oggetti e persone dalle nostre fotografie: le nuvole dal cielo, troppe persone intorno a noi in spiaggia, il disordine nella cameretta. Abbiamo imparato a ritoccare le foto direttamente sullo smartphone senza bisogno di un programma di fotoritocco sul PC. Con “Aggiungimi”, ora possiamo comporre due foto in un unico scatto di gruppo, in modo che la persona che ha scattato la prima foto possa entrare nell’immagine. Abbiamo provato questa funzione su Pixel 9 Pro, ed è piuttosto sorprendente, anche se non indispensabile. In pratica, consente di aggiungere nella foto chi non era presente al momento dello scatto. Il processo è guidato passo dopo passo: gli scatti sono due, uno senza e uno con te, e l’interfaccia nella seconda foto ti aiuta a posizionare il soggetto in modo che sia accanto ai protagonisti della prima foto e non sovrapposto. In questo modo si rende giustizia a chi di solito si sacrifica per fare la foto di gruppo. Il risultato è straordinariamente convincente: non ci sono sfocature o imperfezioni rivelatrici.

Un impatto simile lo ha la funzione “Reimmagina”, che permette appunto di reimmaginare lo sfondo e l’ambientazione di uno scatto. Significa trasformare un fiume in un’autostrada, aggiungere il Colosseo sullo sfondo di Milano o una esplosione sopra le nostre teste, semplicemente scrivendo quello che si desidera. Funziona, è facile, e il risultato è tanto credibile quanto fasullo. Inquietante, per usare una parola. Non si può fare tutto ciò che si vuole: non è un tool per generare deepfake o bufale. Alcuni tentativi arditi di prompt restituiscono un messaggio di errore, ed è un bene.

Quando modifichi un’immagine con “Reimmagina”, non c’è una filigrana o un altro modo ovvio per segnalare che l’immagine è generata dall’intelligenza artificiale: c’è solo un tag nei metadati. Serve un watermark, un bollino di riconoscimento come SynthID, utilizzato nel modello di AI di Google Imagen 3, che almeno teoricamente non è rimuovibile. Serve insomma una soluzione tecnologica per ripristinare la nostra fiducia nella realtà fotografica. Anche quella più semplice. A partire dagli smartphone.

Fonte: Il Sole 24 Ore