Computer quantistici, la rivoluzione non partirà dall’informatica

Computer quantistici, la rivoluzione non partirà dall’informatica

Il Re:Invent di Las Vegas è l’evento annuale di Aws che raccoglie sviluppatori, partner e altri entusiasti del cloud computing in una cornice di interventi tecnici, presentazione di novità sulla piattaforma cloud e condivisione di visioni future su tecnologia e società. Non è una sorpresa, quindi, incontrare in questo ambito Simone Severini, professore dello University College London e direttore della divisione di Aws che si occupa dello sviluppo del quantum computing. Da lui, uno dei massimi esperti del settore, ci siamo fatti raccontare a che punto ci troviamo con lo sviluppo dei computer quantistici.

Telescopi per guardare lontano

«I computer quantistici – dice Severini – sono profondamente diversi dai computer tradizionali e possono essere equiparati a dei telescopi. Come i telescopi ci permettono di guardare più lontano nello spazio, così i computer quantistici ci permettono di guardare più lontano nello sfuggente mondo della fisica quantistica».

Ma i telescopi sono strumenti di ricerca, non produttivi, e lo stesso succederà ai computer quantistici che resteranno uno strumento di indagine scientifica al servizio dei ricercatori anche quando saranno “pronti”. Sempre che si arrivi a costruirne uno efficace.

Le promesse del super chip Willow

«Al momento – spiega Severini – siamo ancora a una fase iniziale. Nessun computer quantistico prodotto finora ha risolto problemi che non fossero affrontabili e risolvibili con i computer tradizionali». Google ha dichiarato recentemente che il suo chip quantistico Willow ha compiuto in pochi minuti un calcolo che un computer tradizionale avrebbe terminato in decine di miliardi di anni, ma quel calcolo non affronta alcun problema reale. È vero, quindi, che Willow ha prodotto un risultato incredibile, ma applicandosi su di un esercizio che non ha applicazioni pratiche. Eppure, è un risultato importantissimo.

«Semplificando molto – dice Severini – possiamo dire che il grosso problema dei computer quantistici è che le unità di base che usano, i Qubit (l’equivalente quantistico dei bit) generano molti errori e quindi il risultato dei calcoli che effettuano finisce molto lontano da quello che dovrebbe essere. Willow ha dimostrato che la strada della correzione dell’errore è quella più efficace da seguire, stabilendo una linea guida importante».

Fonte: Il Sole 24 Ore