Con le bevande in bottiglia pronte da bere cambia la colazione (e la merenda)

Con le bevande in bottiglia pronte da bere cambia la colazione (e la merenda)

Macché tazze e tazzine: ora il latte e il caffè si bevono direttamente dalla bottiglietta, mentre si esce di casa per andare al lavoro, durante le lezioni all’università o dopo l’allenamento in palestra. Una moda che arriva dritta dagli Stati Uniti e che ora sta conquistando anche l’Europa, patria dell’espresso compresa.

Solo considerando gli ultimi 12 mesi in Italia le vendite di bevande a base di latte o caffè (e spesso di entrambi) sono aumentate del 17% a valore e del 12% a volume, arrivando a sfiorare i 19 milioni di euro di vendite. Lo rivelano le stime elaborate in esclusiva per il Sole 24 Ore da NielsenIQ, che ha utilizzato un paniere ad hoc.
«Si tratta di un fenomeno molto recente, fatto di prodotti arrivati da poco tempo sugli scaffali e che hanno conosciuto una crescita importante a partire dal post pandemia», spiega Elena Pezzotti di NielsenIQ.

E dire che solo tre anni fa pochi avrebbero scommesso sul successo di queste bevande. A partire da quelle lanciate da Starbucks, che ha aperto il mercato e che continua a dominarlo con la sua linea di chilled coffee, con gusti come il caramel macchiato, per continuare con la gamma di ready to drink Nescafé Latte, che oggi conta quattro referenze. Tutte bevande aromatizzate e da consumare fredde, e quindi considerate troppo lontane dalle abitudini di consumo del caffè e del latte in Italia. E anche troppo costose, perlomeno all’inizio.

E invece il caffè ready to drink si è guadagnato un suo pubblico, entrando nel 6% delle famiglie italiane (fonte Cps GfK) e fidelizzando i consumatori, anche grazie un’offerta cresciuta rapidamente, tanto che oggi supera le 60 referenze.

A firmarle sono grandi brand (come Parmalat e Granarolo), marchi locali (come Trevalli Cooperlat), imprese specializzate (come Stuffer) e private label. Aziende e retalier vedono in queste bevande un salvagente per cercare di contrastare almeno in parte la costante diminuzione delle vendite di latte fresco (-4,8% a volume nei primi 10 mesi del 2023, secondo Ismea). Ma non solo.

Fonte: Il Sole 24 Ore