Con Schliemann alla scoperta del tesoro di Priamo
«Padre – gli dissi – se le mura di Troia sono esistite un tempo, non possono essere completamente sparite, ma sono certo sepolte sotto la polvere e le macerie dei secoli». Fin dall’infanzia Heinrich Schliemann, benché il padre non fosse né filologo né archeologo, viene sommerso dall’antico e, nel 1829, a sette anni riceve in dono la Storia mondiale per ragazzi di Georg Ludwig Jerrer. Un’illustrazione sull’incendio di Troia, con le mura immense, le Porte Scee ed Enea in fuga accende quel bambino per portarlo – pur da dilettante e quasi solo con il motore della passione – alla scoperta di Troia. La vita di Schliemann è viaggio e avventura, è l’archeologia attraverso un percorso umano che l’Autobiografia di un dilettante di genio restituisce nella sua pienezza e che contiene insieme la storia del mondo e il vivere di ogni giorno: Schliemann si sente quasi investito dalla Storia ma conosce anche gli impicci degli uomini, dalla burocrazia turca agli operai sfaticati sui cantieri, e racconta la sua quotidianità da cronista navigato. Pare di essere sulla collina di Hissarlik o nella polvere dell’agorà di Micene.
Una vita avventurosa
I suoi studi erano stati frammentari; dopo un naufragio nel Mare del Nord, arriva ad Amsterdam e poi a San Pietroburgo dove vende indaco e tintura di legno, cotone, zucchero e tè, e fa fortuna. Che diventa ricchezza, quando a metà Ottocento, fonda una banca in California, acquistando la polvere d’oro dai minatori. Anche la Guerra di Crimea (1853-1856) gli porta altri denari, essendo riuscito ad ampliare i suoi commerci con piombo, stagno, salnitro e zinco. Ma le sere a leggere di Troia con il padre erano sepolte e vive e, quando sposa in seconde nozze l’ateniese Sofia Engastroménos, decide di fare ciò che aveva sempre sognato. Cercare Troia.
Il 6 luglio 1868 arriva a Corfù e la sua vita è un viaggio attraverso la Grecia usando Omero e Pausania come guide. I diari di Schliemann sono pieni di incontri, fascinazioni, versi di Iliade e Odissea. Un’immersione completa nell’antico pur di ritrovarlo. Un mese dopo arriva ai Dardanelli: «Confesso che a gran pena dominai la mia emozione quando mi vidi davanti l’immensa pianura di Troia la cui immagine mi era balenata già nei sogni della mia prima fanciullezza». Quasi subito l’archeologo intuisce che non si deve cercare a Bunarbaşi, «un sudicio e miserevole villaggio di sole 23 case», identificata dagli studiosi come l’antica Troia, ma altrove. A Bunarbaşi Achille non avrebbe mai potuto inseguire Ettore per tre volte lungo le mura cittadine a causa della conformazione della zona; a Hissarlik, invece, si poteva correre attorno alla collina senza trovare ostacoli.
L’intuizione su dove scavare
Nel 1871 inizia la prima campagna e i diari di Schliemann sono cinematografici: grandi sbancamenti, tagli nella roccia, pericoli di crolli, calura asfissiante, serpenti ovunque, operai da assoldare e poi i primi resti di villaggio con tracce di incendio: ecco la scoperta di Ilion. Le pagine forse più toccanti, dove la Storia si è fatta per davvero, sono quelle del 17 giugno 1873: «Ho tratto alla luce, a una profondità di 8-9 metri, la cinta muraria della città di Troia, che parte dalle Porte Scee e, scavando presso questa muraglia immediatamente accanto al Palazzo di Priamo, ho urtato con un grosso oggetto di rame di forma assai singolare, che attrasse tanto più la mia attenzione in quanto credetti di scorgere dentro ad adesso dell’oro». È il momento della scoperta del cosiddetto “tesoro di Priamo”. L’archeologo offre un païdos (riposo) agli operai per poter nascondere vasi, orecchini, diademi, tazze e boccette d’oro.
Il riconoscimento degli errori
Fotografa la moglie Sofia con quei gioielli e diventa una star sui giornali dell’epoca. Ma sa riconoscere anche gli sbagli: «A causa della mia erronea convinzione che Troia si dovesse ricercare solo al livello del fondo roccioso o semmai appena sopra, purtroppo nel 1871 e nel 1872 una gran parte della città è stata da me distrutta». In seguito, viene anche cancellata la datazione proposta da Schliemann: la Troia omerica è quella degli strati VI e VII e il tesoro di Priamo è databile al 2500-2200 a.C.
Fonte: Il Sole 24 Ore