Concorrenza, le Regioni possono mettere a gara nuove licenze per gli Ncc

Concorrenza, le Regioni possono mettere a gara nuove licenze per gli Ncc

Le Regioni possono rilasciare licenze per il noleggio con conducente, a patto di metterle a gara. Con la sentenza 206/2024 (redattore Antonini) la Corte costituzionale chiude una complessa vicenda che ha opposto la Regione Calabria alla presidenza del Consiglio, e che soprattutto ha permesso di andare a fondo delle conseguenze prodotte dal deficit strutturale di concorrenza nel trasporto pubblico non di linea.

La storia nasce nell’aprile del 2023, quando la Calabria con la legge regionale 16 ha autorizzato fino a 200 nuove vetture a noleggio con conducente affidandole direttamente a Ferrovie della Calabria srl, azienda in house della Regione. Nella decisione di ieri i giudici delle leggi stabiliscono che la decisione di rilasciare le nuove licenze è corretta, mentre non lo sono le modalità attuative che dribblano il passaggio invece obbligatorio della gara pubblica. Ma il punto, si diceva, è più complesso.

La decisione della Consulta stabilisce prima di tutto che le Regioni possono intervenire direttamente nel rilascio delle autorizzazioni, superando la competenza esclusiva comunale prevista dalla legge 21 del 1992 (articoli 5 e 8). E lo fa giudicando «la rigida previsione contenuta nella risalente disciplina introdotta nel 1992 cedevole rispetto a successive leggi regionali che definiscano un assetto più articolato e attuale, in funzione della tutela di un livello di interessi che riguarda importanti potenzialità di sviluppo dell’intero territorio regionale». La possibilità è offerta dalla riforma del Titolo V del 2001, che pur essendo ormai datata è comunque intervenuta dopo l’archeologica legge del 1992. Già in altri settori, per esempio nel commercio, la Consulta aveva del resto ritenuto che l’esclusiva comunale fissata dalle leggi precedenti al 2001 fosse vincolante solo finché le Regioni non fossero intervenute con una loro disciplina (sentenze 164/2019, 98/2017 e ordinanza 199/2006).

Ma nella questione dei trasporti non di linea questa articolata premessa giuridica permette di investire un nodo sostanziale, rappresentato dai contraccolpi subiti dai cittadini in un diritto fondamentale come la mobilità per effetto di una politica protezionistica che alza barriere contro la concorrenza rappresentata dagli Ncc nei confronti dei taxi. Di fronte al ricorso di Palazzo Chigi contro la Regione Calabria, infatti, la Consulta aveva prima di tutto sollevato davanti a se stessa la questione di legittimità costituzionale della norma statale (articolo 10-bis, comma 6 del Dl 135/2018) che aveva bloccato qualsiasi nuova autorizzazione Ncc fino alla creazione dell’«archivio informatico pubblico nazionale» delle imprese di trasporto pubblico non di linea, rimasto in sonno per sei anni.

In quell’occasione (sentenza 137/2024) la Corte ha bocciato il lungo congelamento delle licenze evidenziando in termini netti gli effetti di un protezionismo che «ha innanzitutto danneggiato la popolazione anziana e fragile, che soprattutto nelle metropoli non è in grado di utilizzare (o anche semplicemente di raggiungere) gli altri servizi di trasporto di linea, ma ha stringenti necessità di mobilità» soprattutto «in riferimento alle esigenze di cura» e «ha recato danno al turismo e all’immagine internazionale dell’Italia, dal momento che l’insufficiente offerta di mobilità ha pregiudicato la possibilità di raggiungere agevolmente i luoghi di villeggiatura». Proprio da quest’ultima esigenza si è mossa la Calabria guidata dal presidente Roberto Occhiuto (Fi), vittima di un paradosso per il quale grazie alle politiche di promozione e agli accordi con le compagnie aeree ha attratto nei propri aeroporti migliaia di turisti costretti poi a odissee interminabili per raggiungere le coste e gli altri luoghi di vacanza. Per superare questo stallo, che di fatto coinvolge sia lo Stato sia i Comuni in genere schierati a difesa dei taxi, le Regioni possono quindi intervenire concretizzando il «significato anche etimologico del principio di sussidiarietà – argomenta la Corte -, che è quello del subsidium afferre», portando «aiuto al complessivo sistema del trasporto pubblico non di linea, valorizzando la dimensione anche sovracomunale insita nel servizio di Ncc». Ma non può farlo violando i principi di concorrenza tutelati dalla gara.

Fonte: Il Sole 24 Ore