Conferenza Fao, la Dop economy ora è un modello da imitare a livello mondiale

Conferenza Fao, la Dop economy ora è un modello da imitare a livello mondiale

Da “nicchia” di prodotti di qualità per consumatori premium a modello di sviluppo territoriale osservato con attenzione anche nei paesi di sviluppo.È la positiva parabola dei prodotti Dop e Igp che nel giro di un trentennio sono passati dall’essere eccezione (in un mercato una volta dominato dai fast food) a regola.

La “Dop economy” in Italia, paese capofila in Europa insieme alla Francia, vale oltre 20 miliardi di euro di fatturato al consumo (di cui 11,6 miliardi all’estero) e coinvolge a vario titolo circa 850mila occupati. Valori che l’universo dei prodotti Dop e Igp riesce a distribuire sul territorio generando flussi turistici (basti pensare all’enoturismo) e garantendo una migliore remunerazione ai produttori agricoli.

Per tutti questi motivi il sistema dei prodotti Dop e Igp è al centro della seconda conferenza “Prospettive mondiali sulle Indicazioni geografiche” della Fao presso la propria sede di Roma (dal 18 al 21 febbraio) e organizzata con Origin Italia e Fondazione Qualivita. Alla conferenza prendono parte 400 delegati da 47 paesi.

Le indicazioni geografiche censite al mondo sono 16.500 di queste 7mila sono in Cina cui vanno aggiunte altre 4mila nel resto dell’Asia, 4mila sono in Europa, 429 in Oceania, 497 in Sudamerica e 210 in Africa.

«Fino a non moltissimi anni fa – ha commentato il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati – ricordo che conferenze di questo tipo vedevano non più di 20 partecipanti. È evidente che qualcosa sia cambiato. Anni fa le Dop con i loro marchi territoriali venivano viste addirittura come un ostacolo alla concorrenza. Adesso invece da ogni parte del mondo vengono a studiare la capacità dei prodotti Dop di essere veicolo di sviluppo di territori periferici, la loro capacità attraverso il sistema dei consorzi e le azioni promozionali di portare produzioni locali alla ribalta internazionale e quella di innescare attraverso la qualità ma anche il patrimonio di tradizioni, flussi turistici nei territori d’origine. Tutti elementi di grande appeal in particolare per i paesi, dal Sudamerica all’Africa e all’Asia, desiderosi di coinvolgere nella loro parabola di sviluppo anche le comunità più remote e rurali. Senza dimenticare i positivi riflessi delle produzioni agroalimentari di qualità su sostenibilità, innovazione e cooperazione internazionale».

Fonte: Il Sole 24 Ore