Confindustria: «Grande spazio da colmare per export in Cina»
«Secondo il Centro Studi Confindustria il potenziale export che possiamo ancora colmare nel mercato cinese è di 2,4 miliardi di euro soltanto per i beni di consumo e 2 miliardi per quelli strumentali». La vice presidente per l’export e l’attrazione degli investimenti di Confindustria, Barbara Cimmino, lo evidenzia dalla tavola rotonda “Italy investing in China: trends and perspective” organizzata a Pechino da Confindustria e Camera di Commercio italiana in Cina nell’ambito del VII Business Forum Italia Cina, in occasione della visita della premier Giorgia Meloni. Hanno partecipato 115 aziende e associazioni imprenditoriali italiane.
«Servono relazioni mutualmente vantaggiose all’insegna della reciprocità per garantire uguali condizioni di accesso ai mercati, inclusa una più marcata convergenza degli standard e delle regolamentazioni tecniche, il cui divario comporta sensibili costi aggiuntivi soprattutto alle pmi. È anche per questo che le grandi aziende presenti in Cina possono svolgere il ruolo di business ambassador e di traino all’interno delle filiere, condividendo esperienze e network, l’accreditamento presso le autorità locali e altri elementi fondamentali per la lettura del mercato», commenta Barbara Cimmino. Per Lorenzo Riccardi, presidente della Camera di Commercio italiana in Cina «la Cina continua a confermarsi strategica per l’export italiano. Il numero ed il valore crescente delle missioni istituzionali nel Paese promuovono in modo significativo le relazioni economiche tra Italia e Cina» che contano – evidenzia – su investimenti diretti esteri italiani per oltre 15 miliardi di euro, con oltre 1300 investimenti manifatturieri (la maggioranza delle aziende presenti) con 130.000 addetti e un fatturato di 33 miliardi di euro. A fare da capofila alle aziende dei vari settori sono presenti le assoziazioni, Anfia, Assica, Farmindustria, Federmacchine, Sistema Moda Italia.
Per l’Anfia, l’associazione della filiera automobilistica, il presidente Roberto Vavassori, «ha illustrato alle controparti cinesi – spiega una nota – le competenze di filiera presenti nel nostro paese e le ragioni che suggeriscono un riequilibrio tra gli investimenti diretti, sin qui effettuati da aziende italiane in Cina (dati Ice) di circa 5 miliardi di euro da colmare. Un dato che lascia spazio alla presenza di almeno un costruttore di veicoli in Italia». Assica (industriali della carne e salumi) ha sottolineato che, nonostante il mercato cinese sia chiuso all’importazione di prodotti a base di carne suina a causa della peste suina africana, crede fortemente nel paese in cui fino a 2 anni fa ha esportato 60 milioni di euro. L’auspicio è che si possa presto riprendere la possibilità di esportare in base a protocolli sanitari condivisi tra Italia e Cina con l’impegno delle istituzioni dei due paesi. Farmindustria ha evidenziato che «la Cina è per l’Italia il secondo partner extra europeo dopo gli Usa nella farmaceutica e sta spingendo moltissimo sugli investimenti nel settore, garantendo anche una maggiore tutela brevettuale. In Cina sono attive da diversi anni importanti aziende italiane, che possono ulteriormente crescere. Anche per questo ha un’importanza strategica la missione in corso del Presidente del Consiglio». Per Federmacchine «la Cina nel 2023 è risultata il quarto mercato di sbocco con quasi 2 miliardi di euro di acquisti di macchinari. Nonostante un lieve calo dell’export italiano del comparto verso la Cina e di alcune politiche che non facilitano gli scambi, l’associazione ha evidenziato le grandi opportunità offerte da questo mercato e dalla collaborazione con le aziende cinesi». Sistema Moda Italia «si è detta favorevole al free trade nel commercio internazionale in quanto pilastro della competitività, ma ha sottolineato l’importanza per il tessile abbigliamento di relazioni commerciali eque e vantaggiose per i produttori italiani, nel rispetto del level playing field e delle regole di sicurezza, tracciabilità e qualità dei prodotti importati, specialmente quelli e-commerce, così come definite dagli standard europei».
Fonte: Il Sole 24 Ore