«Confusione sulle etichette dell’alimentare»: ecco il parere della Corte dei Conti Ue
Paese che vai, etichetta che trovi. La Corte dei conti Ue certifica la babele europea delle regole sull’etichettatura degli alimenti in una relazione pubblicata questa settimana che, dopo quelle su aiuti Pac e biologico, suona come un appello alla nuova Commissione, anche alla luce dell’allargamento delle competenze del nuovo commissario, il lussemburghese Christophe Hansen, ad agricoltura e cibo. L’attuale vuoto normativo fa sì, denuncia la relazione, che i consumatori possano facilmente perdersi in un labirinto di indicazioni fuorvianti con effetti negativi anche sulla salute.
Tra i campioni nazionali presi di mira dalla Corte Ue ci sono anche il famigerato Nutriscore francese, sistema di etichettatura semplicistico che penalizza i prodotti della Dieta Mediterranea, e l’antagonista italiano Nutrinform su cui il governo sta cercando di costruire a Bruxelles un’alleanza trasversale in vista di una regolamentazione europea della materia la cui urgenza è resa evidente dalla relazione.
Le etichette alimentari dovrebbero fornire informazioni su contenuto e proprietà degli alimenti, ma spesso sono utilizzate per rendere i prodotti più attraenti, sottolineando presunti benefici, come il fatto di essere salutari, biologici o senza glutine. Esistono regole Ue sulle informazioni di base da indicare in etichetta ma con troppe lacune e problemi su controlli e sanzioni pecuniarie. «Invece di fare chiarezza, le etichette creano spesso confusione: esistono centinaia di regimi, loghi e indicazioni che il consumatore deve decifrare – sottolinea il responsabile del rapporto Keit Pentus-Rosimannus –. Le imprese sanno essere molto creative su cosa riportare e le norme Ue non stanno al passo con un mercato in continua evoluzione» con il risultato che «450 milioni di consumatori sono indifesi di fronte a messaggi fuorvianti».
Il vuoto normativo insomma lascia troppo spazio a informazioni ingannevoli. A esempio, è consentito l’uso di indicazioni salutari per prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri o sale, con dolci e barrette energetiche pubblicizzate evidenziando l’«alto contenuto di proteine». Chi acquista è sempre più esposto a indicazioni sulla salute senza nessuna base scientifica, come «contribuisce al recupero energetico» o «migliora le prestazioni fisiche», con potenziali effetti dannosi sulla salute. I soggetti con allergie alimentari si trovano di fronte etichette sugli allergeni eccessivamente prudenti o vaghe. Anche i vegetariani e i vegani devono fare attenzione, visto che non esiste una definizione valida in tutta l’Unione.
L’etichettatura nutrizionale fronte pacco continua a essere un tema di scontro a Bruxelles, ma solo una standardizzazione delle norme può aiutare i consumatori a compiere scelte alimentari più sane e, potenzialmente, a prevenire malattie legate all’alimentazione. Mentre la coesistenza di diversi regimi nei singoli paesi Ue, ognuno con diversi significati e finalità, ha in definitiva l’effetto opposto: crea confusione e disorienta i consumatori. A tutto questo si aggiunge il crescente numero di etichette, loghi e indicazioni volontarie utilizzati per attirare i consumatori. Tra questi, le cosiddette “etichette pulite” che segnalano l’assenza di determinati elementi (a esempio “senza antibiotici”) e qualità non certificate (come “fresco” e “naturale”), ma anche la gran varietà di asserzioni ambientali che non sono altro che un esempio di ambientalismo di facciata. Solo sette paesi tra cui l’Italia invece hanno introdotto l’obbligo di indicare l’origine per alcuni prodotti contribuendo alla disparità di accesso alle informazioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore