Coniugi Ior licenziati,chiesti reintegro e danni mobbing
Si ritroveranno nell’aula del tribunale vaticano di fronte al neo giudice Venerando Marano, il 14 marzo prossimo, Domenico e Silvia, i due coniugi ex dipendenti dello Ior licenziati dall’istituto vaticano dopo essersi sposati. La vicenda è stata protagonista delle cronache estive, quando sui due dipendenti vaticani, innamoratisi sul posto di lavoro, pendeva la spada di Damocle di un nuovo regolamento, applicato nei loro confronti addirittura in maniera retroattiva e che impedisce a persone legate da rapporti familiari di lavorare entrambe presso lo stesso ente.
Dopo trenta giorni dal matrimonio, il licenziamento
Forse sperando in un provvedimento di clemenza del Papa e contando anche sulla loro buona fede, Domenico e Silvia erano comunque convolati a nozze il 31 agosto scorso. Il primo ottobre, invece, lo Ior ha calato la sua scure licenziandoli entrambi, decorsi i trenta giorni dallo sposalizio. Un provvedimento senza sconti notificato con l’ordine anche di riconsegnare nell’immediato le tessere di accesso allo Stato della Città del Vaticano, nonché le carte di credito e le tessere bancomat collegate ai loro rispettivi conti correnti.
Il ricorso alle vie legali
È così che per Domenico e Silvia non sono rimaste che le vie legali con la celebrazione, nelle ultime ore, della prima udienza nella loro causa civile. I due coniugi hanno richiesto l’illegittimità del provvedimento di licenziamento, la reintegra, danni per mobbing ancora da quantificare e anche che gli atti giudiziari siano trasmessi al Papa per conoscenza. «Sono stati vittime di provvedimenti disciplinari ingiusti», ha spiegato l’avvocato della coppia, Laura Sgrò. «Tra le tante cose che hanno subito – ha detto – sono stati, per esempio, sanzionati con giorni di sospensione e riduzione dello stipendio, in un caso anche perché sono uscite su organi di stampa notizie, anche inesatte, che li riguardavano e loro non ne sapevano niente. La loro colpa, a dire dello Ior, è stata di averne parlato con i familiari e con un rappresentante dell’associazione dei dipendenti laici del Vaticano fuori dall’orario di lavoro».
L’avvocato dei coniugi: «Comportamenti mobbizzanti»
In buona sostanza, secondo il datore di lavoro, non potevano neppure dire ai genitori che forse non potevano più sposarsi a causa del nuovo regolamento quando tutto era già pronto o avere un conforto con l’Advl su cosa fare «in quella grave e inaspettata situazione». L’avvocato Sgrò parla quindi di «comportamenti mobbizzanti» continuati nel tempo che hanno determinato uno stato di prostrazione tale da avere conseguenze anche attuali sui due coniugi coinvolti. Contrastanti comunque le versioni. Lo Ior sostiene che il regolamento applicato non sia altro che una ordinaria norma anti-familismo esistente a livello comune negli organismi finanziari con l’obiettivo di prevenire fenomeni di corruzione o altre condotte illecite che potrebbero essere favorite dalla parentela.
Nel merito, l’istituto guidato dal presidente Jean-Baptiste de Franssu e dal direttore generale Gianfranco Mammì non intende commentare. Per ora resta in silenzio anche l’Advl, che ha però pubblicato sul suo sito un articolo di stampa con un resoconto dettagliato della prima udienza. Inoltre, sempre sul sito continua la raccolta firme in solidarietà con i due coniugi aperta a chiunque voglia inviare un messaggio, non solo quindi dipendenti del Vaticano. In passato l’Advl aveva evidenziato la contraddittorietà tra il messaggio pro family del Papa e la severità con cui è stato trattato il caso dei due coniugi che peraltro sono già genitori di bambini frutto di precedenti unioni. Ora si trovano entrambi senza stipendio e con dei minori da mantenere. Una situazione che lo stesso Marano ha definito ieri «complessa» lasciando aperta la porta a una conciliazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore