Contratti provinciali scaduti, il Veneto lancia la mobilitazione
Il Veneto lancia un segnale nella trattativa per il rinnovo dei contratti provinciali di Lavoro in agricoltura, scaduti il 31 dicembre 2023 e non ancora rinnovati. Si tratta della componente territoriale, in questo caso per il 2024 e 2025, che ha durata biennale; nel bienni successivo il rinnovo è su cala nazionale.
In regione non interessati oltre 68mila lavoratori agricoli, la maggior parte stagionali a tempo determinato: assunzioni a giornata, che nella maggioranza riguardano personale straniero (80%) e che si attestano in media sugli 8 euro (lordi) l’ora.
«La richiesta alle controparti datoriali punta ad aumenti che permettano di recuperare la pressione inflazionistica che ha impattato fortemente su cifre già modeste – spiega Giosuà mattei, Flai Cgil Veneto – Il quadro è anche quello della necessaria emersione del lavoro in nero sottopagato e del caporalato, in cui le persone vengono reclutate senza diritti nè garanzie. Stimiamo almeno 6mila persone in Veneto». Una regione che può fare da apripista «perchè qui si concentrano eccellenze del settore come il vitivinicolo, il lattiero caseario e l’ortofrutta», sottolinea ancora Mattei.
A livello di province le uniche avere compiuto il rinnovo sono tre in tutta Italia: Lodi, Brescia e Cremona.
I nodi: salari e legalità
«Il tema salariale è centrale per dare dignità a chi con il proprio sudore e fatica contribuisce a rendere il settore agricolo un’economia importante in Veneto. Poi oltre alla questione salariale, con questo rinnovo dei contratti vogliamo porre all’attenzione la questione degli appalti. Nella nostra regione il mercato del lavoro è delegato a cooperative spurie e senza terra: chiediamo un monitoraggio attraverso una comunicazione degli appalti agli enti bilaterali in modo da creare una banca dati per contrastare sfruttamento lavorativo e caporalato per ridare al settore la giusta dignità», dice ancora Mattei, Flai Cgil. E Andrea Zanin, segretario generale fai Cisl Veneto: «Abbiamo l’urgenza di dare riconoscimento salariale a tutte le donne e gli uomini che lavorano in questo settore e che garantiscono i prodotti che poi arrivano sulle nostre tavole in una filiera che deve essere garantita. Le proposte delle associazioni datoriali Cia, Coldiretti e Confagricoltura sono ad oggi insufficienti».
Fonte: Il Sole 24 Ore