Coppa America, incidente per il defender New Zealand. Corsa contro il tempo per riparare la barca danneggiata

«Ho sentito un bang tremendo, come fosse una bomba – racconta il Ceo di Emirates Team New Zealand e della società che organizza la Coppa America, Grant Dalton – purtroppo era la nostra barca. Caduta da sei metri sull’invaso per la rottura della gru che la stava mettendo a terra. L’abbiamo riparata, ma ho passato un brutto pomeriggio e l’incidente poteva costarci la difesa». La barca ha un nome di battesimo maori, Taihoro, qualcosa che si può tradurre “che si muove agile tra cielo e mare”. Grant è molto trasparente, e questo gli rende merito, anche il team ha informato con una certa velocità man mano che c’erano novità. Team New Zealand è un team molto coeso, ai tempi del covid pur di costruire la barca per la edizione precedente i “builder” dormivano nei camper parcheggiati nella base.

Dopo le polemiche attivate dagli sfidanti per il fatto che la barca neozelandese partecipa ai Round Robin della selezione sfidanti Louis Vuitton Cup, l’incidente assume contorni ironici: dovevano essere gli sfidanti a essere stressati da fatica e surplus di regate invece tocca a loro. Una smagliatura non banale per un team che sbaglia pochissimo e che è sempre un modello di efficienza. E poteva anche andare peggio: la barca scivolando si è fermata con le wing (le ali dei foil) piantate per terra, ma poteva rompersi fino a essere inutilizzabile e in quel caso la difesa della Coppa sarebbe stata impossibile.

Insomma, fortunati nella sfortuna, bravi a riparare tutto in 24 ore. Hanno rotto una ampia zona di scafo a prua la cui riparazione ha richiesto l’impegno di tutto il team. Tagliata la parte rotta e ricostruita dentro la base, una avventura già vista in passato. Si sa che i kiwi avevano chiesto al team francese Orient Express la possibilità di usare lo stampo con cui è stata costruita la loro barca dallo stesso progetto: gli scafi sono infatti identici e le differenze sono solo nei foil. I francesi hanno una superficie leggermente più grande e sono un poco più facili da usare, una scelta ragionevole per un team che non ha molta esperienza anche se ha ampiamente dimostrato di non essere la “barca cuscinetto”. Dallo stesso stampo quindi si sarebbero potute ricostruire porzioni di scafo. Ma la parte più delicata sono le wing: sono piccole ma la loro lavorazione richiede tempo e pazienza e sopportano un carico molto elevato con una superficie delicata e piccola che viene coccolata con rituali quotidiani di pulizia, levigatura. Del resto gran parte dei risultati è merito delle ali che sopportano un carico notevole. Sembra che non abbiano subito danni veri. In ogni caso i kiwi ci provano. Sono in acqua alla caccia di avversari e il primo che incontrano è Alinghi nell’ultima regata del 31 agosto.

Fonte: Il Sole 24 Ore