Corea del Sud, Yoon si scusa, ma non si dimette. Oggi il voto sull’impeachment
Dal nostro corrispondente
NEW DELHI – A poche ore del voto parlamentare che potrebbe mandarlo a giudizio, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha finalmente interrotto il suo silenzio. Lo ha fatto per scusarsi di aver proclamato la legge marziale, ma non per dare le dimissioni, rimettendo così il suo destino politico alla volontà dei suoi compagni di partito. Nel corso di un breve discorso alla nazione trasmesso dalla Tv, Yoon ha riassunto quanto accaduto nella notte tra martedì e mercoledì, ha giustificato la sua decisione con la sua «disperazione» come presidente e non ha convinto nessuno.
Come era facile prevedere le sue parole non hanno fatto breccia tra molti dei parlamentari che nel pomeriggio di Seul lo giudicheranno. Il leader del Power People Party, lo stesso partito di Yoon, ha detto chiaramente che il presidente è fuori dai giochi. «Le normali funzioni del presidente sono impossibili, ed è inevitabile che lasci prima del previsto», ha dichiarato Han.
Il leader dell’opposizione Lee Jae-myung è stato ancora più duro. Il numero uno del Democratic Party ha definito il discorso «molto deludente» e ha promesso di continuare a spingere per l’impeachment del presidente. «Il più grande pericolo per la Corea del Sud in questo momento è lui», ha dichiarato Lee. Parole pesanti, se uno pensa che al di là del confine con la Corea del Nord c’è un dittatore armato di armi nucleari e missili balistici. «L’unico modo per risolvere questa situazione è che il presidente si dimetta immediatamente o venga rimosso anticipatamente dall’incarico tramite impeachment», ha concluso Lee.
Salvo sorprese quindi si andrà al voto. Ai partiti di opposizione servono otto franchi tiratori tra le fila del People Power Party che, a dispetto delle esternazioni del suo leader, ufficialmente resta schierato dalla parte del presidente. A conferma che la cifra di questa crisi resta l’incertezza.
Fonte: Il Sole 24 Ore