Corruzione a Venezia, oggi consiglio comunale. L’opposizione chiede dimissioni Brugnaro

Neanche l’inchiesta sulle tangenti per il Mose che 10 anni fece scattare 35 arresti in laguna aveva toccato così da vicino il Comune di Venezia e i suoi vertici. L’operazione che ieri ha portato due persone in carcere, con 22 indagati – incluso il sindaco Luigi Brugnaro – e 15 destinatari di misure cautelari, segue due filoni. Il primo riguarda l’area dei Pili, alle porte di Venezia e di proprietà del sindaco, indagato con due funzionari del suo gabinetto, Morris Ceron, e Derek Donadini. il secondo, la vendita di una dimora storica, palazzo Papadopoli: in custodia cautelare è stato posto l’assessore comunale alla mobilità Renato Boraso.

A Boraso, ex Forza Italia poi nella ’lista Brugnaro’ e in Coraggio Italia – fondato da Brugnaro e Giovanni Toti – la Procura di Venezia contesta 11 episodi di corruzione, concussione e autoriciclaggio: vicende dal 2015 a oggi tra cui la vendita al ribasso del Palazzo. Per l’accusa Boraso, all’epoca assessore al Patrimonio, si sarebbe fatto consegnare 73.200 euro dagli emissari del magnate di Singapore Chiat Kwong Ching, con fatture alla sua società “Stella consulting” per consulenze inesistenti, nel 2017 e nel 2018.

Per Brugnaro, Ceron e Donadini, la vicenda oggetto d’indagine è quella dell’area dei Pili, comprata dall’imprenditore di ’Umana’ quando non era ancora entrato in politica, a 5 milioni, poi zona di lottizzazione, per la quale Brugnaro aveva avviato una trattativa (poi fallita) sempre con Chiat Kwong Ching. L’acquisto, nel 2006, vide Brugnaro unico partecipante all’asta del Demanio. In seguito quello spazio è diventato uno dei punti dello scontro politico lagunare, simbolo, secondo l’opposizione di centrosinistra, del conflitto di interesse di Brugnaro tra l’incarico pubblico e i suoi interessi privati.

La proprietà è di ’Porta di Venezia’, che fa capo a Brugnaro, ma che, assieme a tutte le altre aziende e partecipazioni del sindaco (da Umana alla Reyer basket), è in mano dal 2017 a un blind trust di diritto newyorkese cui l’imprenditore ha trasferito la gestione del suo patrimonio. E ora sull’operato e sul ruolo del blind trust rispetto alle decisioni e attività amministrative starebbe indagando la Guardia di Finanza. Un’ipotesi che il sindaco – che ha rinunciato all’indennità per la carica che ricopre, destinando l’intera cifra a iniziative civiche – smentisce: «L’ipotesi che io abbia potuto agire sui Pili per portare vantaggi in termini di edificabilità e/o varianti urbanistiche è totalmente infondata. Com’è noto, ed ho spiegato pubblicamente, quella è un’area già edificabile da prima della mia amministrazione».

Le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni: il Consiglio comunale è convocato da oggi e per tre giorni, secondo programma per decidere del progetto di recupero dell’ex ospedale Umberto I di Mestre.

Fonte: Il Sole 24 Ore