Corsa al solare che al 2040

Gli investimenti nel solare arriveranno quest’anno a 500 miliardi di dollari e supereranno per il secondo anno di fila il flusso di risorse dedicato a tutte le altre tecnologie elettriche cumulate, in base ai calcoli (sempre prudenti) dell’International Energy Agency. Quest’onda crescente di capitali, attratta dalla continua diminuzione dei costi e dalla grande flessibilità di utilizzo, finanzierà la produzione di 70 miliardi di celle solari, che andranno ad alimentare singole abitazioni, comunità energetiche, grandi impianti industriali e reti elettriche, senza fare rumore, senza emettere fumi, senza bruciare combustibili e senza costare niente per decenni.

Prima fonte di energia

Queste celle, che attualmente coprono meno di 10mila chilometri quadrati della superficie terrestre, nel 2023 hanno generato 1.600 terawattora di energia, ovvero il 6% dell’elettricità mondiale. Sembra poco, ma il carattere rivoluzionario del solare è il suo tasso di crescita. Nel 2004 ci è voluto un anno per installare un gigawatt di capacità solare, nel 2010 un mese, nel 2016 una settimana e nel 2023 meno di un giorno. L’anno scorso la capacità solare mondiale ha raggiunto i 1.419 gigawatt e per quest’anno gli analisti di Bloomberg New Energy Finance prevedono circa 600 gigawatt di nuova capacità: ogni giorno s’installa quasi il doppio di quanto vent’anni fa si è fatto in un anno. Di questo passo, il solare produrrà più elettricità del nucleare nel 2026, dell’eolico nel 2027, dell’idroelettrico nel 2028, del gas nel 2030 e del carbone nel 2032. La Iea prevede che il sole diventerà la più grande fonte di energia primaria dell’umanità – non solo di elettricità – entro il 2040.

Il crollo dei costi

La crescita del solare non dipende dalle politiche climatiche dei governi, ma dalla sua convenienza. In 50 anni di vita il costo di un megawattora solare è calato di oltre mille volte e questo trend continua, battendo regolarmente tutte le previsioni. Oggi il costo dell’elettricità (Lcoe) per il solare e per l’eolico onshore è di circa 40 dollari al megawattora, inferiore a quello del carbone, che è il più economico dei combustibili fossili. L’unico problema è che la stragrande maggioranza delle celle solari e quasi tutto il silicio purificato provengono dall’industria cinese, che ha abbastanza margini per mantenere questo ritmo di espansione negli anni a venire, anche grazie all’aiuto del governo. Il controllo cinese su questa tecnologia è certamente meno problematico del controllo dell’Opec sul prezzo del petrolio, ma resta preoccupante. L’industria occidentale, però, ha ancora tempo per reagire, visto che quasi tutta la domanda di solare è concentrata nel futuro.

L’industria delle celle solari

La materia prima delle celle solari, infatti, si trova facilmente: è la sabbia di quarzo, una forma cristallina di silicio. Per purificarlo viene riscaldato a 1.900 °C in forni ad arco elettrico con una certa quantità di carbonio sotto forma di coke. L’ossigeno della sabbia reagisce con il carbonio liberando monossido di carbonio: quello che rimane è “polisilicio” fuso, che viene poi raffreddato, frantumato e fatto reagire con acido cloridrico per produrre un liquido chiamato triclorosilano, poi distillato ripetutamente per rimuovere ogni traccia di impurità. Le fonderie più avanzate lavorano a “10 nove”: vuol dire che il loro polisilicio è puro al 99,99999999 per cento.

Fino ai primi anni Duemila gli unici prodotti che valessero questo genere di sforzo erano i wafer con cui si producevano i chip. L’industria delle celle solari viveva di ritagli. Ma l’aumento della domanda di fotovoltaico ha cambiato la situazione e le aziende asiatiche hanno iniziato a investire nelle fonderie dedicate all’industria fotovoltaica. Così Pechino ha costruito il suo monopolio: nel 2023 le aziende cinesi hanno prodotto il 93% di tutto il polisilicio mondiale destinato al solare. Alcune si sono espanse in verticale e producono anche le celle. Altre lasciano ai propri clienti il taglio dei lingotti in wafer, la lucidatura e il “doping” che trasforma il silicio in un semiconduttore.

Fonte: Il Sole 24 Ore