Corsello (Allianz GI) «I Bond? cedole ottime, ma non proteggono il portafoglio»

Se i grandi investitori sono pronti a fare la fila per accaparrarsi i titoli di Stato italiani e anche europei, il mondo dei bond è invece diventato più complesso da decifrare per un semplice risparmiatore chiamato a gestire il portafoglio con una prospettiva differente rispetto a un fondo pensione o una compagnia assicurativa. Volatilità in aumento, performance non sempre all’altezza delle aspettative per quella che a inizio anno veniva indicata la classe di investimento sulla quale puntare senza mezzi termini e il meccanismo a tratti inceppato della decorrelazione nei confronti delle altre attività a rischio rendono infatti difficile collocare nello scenario presente i titoli di reddito fisso e sollevano quindi legittimi dubbi sulla loro attrattività.

«Il ruolo dei bond è profondamente cambiato rispetto al recente passato», indica con decisione Enzo Corsello, responsabile per l’Italia delle attività di Allianz Global Investors, senza per questo voler prospettare la definitiva perdita di appeal per quelle obbligazioni che tanti, fra i risparmiatori italiani, prediligono da sempre all’interno della rosa degli investimenti a disposizione. «Chi li acquista oggi – spiega a Il Sole 24 Ore – potrà contare su un rendimento cedolare significativo, a differenza di quanto è avvenuto nei cicli precedenti, ma difficilmente riceverà un ritorno aggiuntivo da un apprezzamento dei titoli in conto capitale».

Quest’ultima evenienza, che ha fatto letteralmente la fortuna dei bond per almeno un ventennio sembra infatti ormai essersi fortemente ridimensionata. «Potrebbe ripresentarsi, ma solo se i tagli dei tassi da parte delle Banche centrali dovessero eccedere quanto il mercato già si aspetta», precisa Corsello, che allo stato attuale ritiene tuttavia «estremamente improbabile» l’ipotesi. Per la Federal Reserve statunitense vede infatti il tasso terminale sotto al 3% «solo in caso di shock esogeni legati al rischio geopolitico che possano mettere a rischio la domanda o a una recessione di tipo ciclico che al momento appare fuori dai radar».

L’altra questione aperta, quella che l’esperto di Allianz Gi definisce «la ragione più profonda per rimodulare e ridefinire il ruolo degli investimenti obbligazionari», risiede nel fatto che in un mondo caratterizzato da «tassi di interesse strutturalmente più elevati, inflazione più instabile e rischio di recessioni più frequenti, anche se meno profonde, i bond offrono minore possibilità di diversificazione e decorrelazione, proprio perché perdono la loro funzione assicurativa che un tempo avevano nelle fasi di discesa dei mercati azionari». La difesa in caso di crisi dell’azionario è infatti in grado di attivarsi «soltanto quando l’inflazione scivola sotto al 3% e a fronte di tale situazione – prosegue Corsello – si rende quindi indispensabile far ricorso a differenti fonti di protezione del portafoglio come per esempio l’oro e il dollaro in chiave strategica oppure materie prime e liquid alternative in chiave tattica».

Le obbligazioni restano comunque attraenti «perché con la prospettiva di tassi in discesa offriranno rendimenti migliori rispetto alla liquidità». Occorre però essere più selettivi, a partire dalla scelta delle scadenze: «Col tempo il mercato sarà portato a ricostruire il premio per detenere bond a scadenza più lunga, il cosiddetto term premium, e questo significa che la curva dei tassi tenderà sempre di più a inclinarsi positivamente», sottolinea Corsello, la cui preferenza va quindi a «titoli con durata finanziaria residua non superiore ai 6-7 anni».

Fonte: Il Sole 24 Ore