Così il cantinamento subacqueo cambia gusto e colore del vino

Temperature basse e costanti grazie a un sistema di climatizzazione naturale e a impatto zero, ridotta penetrazione della luce e protezione dai raggi Uv dannosi per il vino, una differenza di pressione sul tappo difficilmente riproducibile sulla terraferma che favorisce una specifica caratterizzazione. Sono le principali caratteristiche garantite dal cantinamento subacqueo, una pratica sempre più diffusa, quella di invecchiare il vino nella profondità del mare, e che da mera operazione di marketing, come sospettavano alcuni, sta diventando una vera opportunità di business.

Lo è certamente per Jamin Portofino UnderWarterWines, società fondata nel 2015 per sperimentare una tecnica innovativa di conservazione ed evoluzione di prodotti alimentari allo stato liquido. Tutto è cominciato all’interno dell’area marina protetta di Portofino dove è stato sperimentato il primo processo di affinamento subacqueo dello Champagne. Nel 2021 Jamin ha lanciato un equity crowdfounding cui è seguito nel 2023 un aumento di capitale da 600mila euro col quale è stato attivato il servizio di cantinamento subacqueo per conto terzi cui si è aggiunto un servizio di franchising in Italia e all’estero che l’ha portata oggi a poter contare su 3 cantine sottomarine affiliate (oltre alla capofila Portofino, Ravenna, Termoli e Cetraro) cui a breve se ne aggiungeranno 4 in Campania, Abruzzo, Sicilia Basilicata e soprattutto circa 200 aziende produttrici finora coinvolte nelle sperimentazioni.

Il punto sul cantinamento subacqueo in Italia è stato tracciato il 20 novembre all’Acquario di Milano al primo Meeting internazionale degli UnderWaterWines organizzato da Jamin Portofino.
«Devo ammettere che anche io mi sono avvicinato a Jamin pensando fosse una trovata di marketing – racconta il responsabile ricerca e sviluppo di Jamin l’enologo Alessio Bandinelli – e a lungo ci siamo chiesti col cofounder Emanuele Kottakhs e con Antonello Maietta come far capire che in realtà c’è molto altro. Così abbiamo cominciato a coinvolgere il mondo della ricerca con il dipartimento di agraria dell’Università di Firenze con il quale abbiamo dato il via a un primo studio. Dalle prime analisi sull’affinamento subacqueo è emerso innanzitutto che questo processo garantisce l’identità e l’integrità del vino fugando così i dubbi di alcuni produttori preoccupati che entrasse acqua nelle bottiglie. Con successivi studi abbiamo messo in luce che il cantinamento subacqueo ha effetti tangibili sul colore dei vini e che l’evoluzione delle tonalità di vini bianchi, rossi e rosati sono differenti rispetto a quelle dei vini invecchiati sulla terraferma. Ma andando avanti stiamo registrando differenze anche su contenuto di polifenoli e su alcune molecole aromatiche. Per ora abbiamo testato solo tre tipologie: Albana di Romagna, Rosato Doc Borgheri e Merlot Bolgheri».

Fonte: Il Sole 24 Ore