Così il cibo vicino alla scadenza viene trasformato in business

Così il cibo vicino alla scadenza viene trasformato in business

Retail d’occasione

Prodotti ancora buoni e sicuri che rappresentano un costo e che le aziende devono smaltire per coprire (almeno in parte) i costi fissi. Per farlo, soprattutto se si avvicina la data di scadenza, ci si rivolge a intermediari che li collocano presso commercianti, come Alfredo o’ chiatt, oppure a retailer che li comprano in grandi quantità a prezzi ridotti (anche fino al 25%) e che poi trasferiscono questi risparmi sui loro clienti.

Come la catena veneta Tosano, uno dei retailer più performanti d’Italia (19 ipermercati per oltre 1 miliardo di fatturato), che ha sposato da sempre la filosofia dei prezzi bassi tutti i giorni per i suoi assortimenti record di ogni marca, e in parte per quei prodotti scontatissimi provenienti da stock che oggi è di moda chiamare “anti-spreco”. Con grande soddisfazione dei clienti – come emerge da diverse ricerche – che preferiscono rinunciare a carte fedeltà, volantini e pubblicità (assenti in questa catena) pur di spendere di meno in cassa.

Barter e marchi fantasma

Un’altra via per valorizzare le eccedenze alimentari consiste nel cederle a società specializzate che li monetizzano in investimenti pubblicitari. È il cosidetto “barter” (ossia l’antico baratto), che permette a piccoli e grandi brand di fare advertising su televisioni, giornali, radio e social non sborsando neppure un euro perché il costo degli spazi pubblicitari viene pagato in merce. Ma, anche in questo caso, la discrezione è un obbligo, tanto che non esiste studio o mappatura di questo business. «Il bravo barter è quello che non si nota- conferma Susanna Tosin, titolare di Barter4media, agenzia veneta specializzata – e che per ogni prodotto e cliente sviluppa la miglior campagna pubblicitaria e trova il canale distributivo giusto in Italia o all’estero».

he si tratti di una prassi consolidata nelle aziende del food lo conferma il fatto che alcune hanno pronte confezioni con brand di fantasia da utilizzare per i prodotti in eccedenza in modo da non cannibalizzare i loro brand. Ma c’è anche chi lo fa solo in situazioni particolari. «Ci avvaliamo di questo canale quando abbiamo eccedenze di prodotto, soprattutto a fine stagione, come accade per l’olio extravergine di oliva», afferma Giusi Di Benedetto, consigliere di amministrazione della cooperativa no-profit di commercio equo e solidale Chico Mendes.

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Fonte: Il Sole 24 Ore