Covid nel mondo: l’effetto crisi ha colpito il 60% dei lavoratori

Covid nel mondo: l’effetto crisi ha colpito il 60% dei lavoratori

Andare avanti, nonostante tutto, se pur impoveriti e spesso costretti a un brusco cambiamento nella propria vita professionale. A un anno e mezzo dall’inizio della pandemia che tipo di lavoratori siamo diventati? Uno studio internazionale, realizzato da Adp Research Institute, mette in fila un numero significativo di dati sulla sfera professionale ma anche su quella privata, per tracciare un identikit del cambiamento in atto.

Lo studio ha raccolto le risposte di un campione vario: 32.471 lavoratori di 17 Paesi, tra cui oltre 8.567 lavoratori della gig economy. Diverse le leve analizzate: vanno dalla motivazione alla tipologia delle trasformazioni che si è stati costretti ad affrontare e alla perdita di reddito e di sicurezza.

Il posto di lavoro

Partiamo dall’elemento più critico: quasi due terzi dei lavoratori globali (64%) ha dichiarato di aver subito un contraccolpo professionale dall’emergenza pandemica. In alcuni casi questo impatto ha avuto risvolti assai critici: oltre un quarto (28%) ha perso il lavoro o è stato messo in condizioni analoghe alla nostra cassa integrazione. Quasi un lavoratore su quattro (23%) ha subito una riduzione dello stipendio, per quanto l’impatto non sia stato uniforme: i lavoratori più giovani infatti sono stati i più penalizzati. Mentre una percentuale analoga (22%) ha dovuto affrontare una riduzione dell’orario o delle responsabilità.

Lo studio ha monitorato pure gli effetti sul comportamento determinati dallo stato di preoccupazione generale: i timori legati all’insicurezza per l’occupazione hanno costretto tre quarti degli intervistati (76%) a cambiare le proprie mansioni, assumendo spesso compiti extra, o facendosi carico di un maggiore numero di progetti o lavorando più ore. Questo scenario è particolarmente grave nel Paesi Apac (Asia Pacifico) e in America Latina, meno evidente in America del Nord o Europa.

In Italia

E il nostro Paese come si colloca in questo scenario? In Italia il 40,5% dei dipendenti intervistati (circa 2.000) ha dichiarato di aspettarsi esiti negativi sulla propria carriera nei prossimi due anni. A perdere il lavoro (per licenziamento, mancato rinnovo o cassa integrazione) è stato il 23,5% dei ragazzi di età compresa tra i 18 e 24 anni, segue la generazione dei Millennials (25-34 anni) con l’11,5%, la fascia 35-44 con il 9%, per poi scemare al 6% e 5% per le fasce più alte. Nel complesso la pandemia, in linea con quello che è successo nel mondo, ha avuto un impatto significativo sulle posizioni dei lavoratori italiani: quasi la metà (46%) ha fatto dei cambiamenti o sta pianificando di cambiare “come” e “dove” vive (28%).

Fonte: Il Sole 24 Ore