Crisi Esg, è fuga dei grandi gruppi dagli accordi sul climate change
Che sta succedendo al mondo della finanza sostenibile? Sembrano ormai tramontati i giorni delle lettere di Larry Fink, numero uno della più grande società di asset management al mondo BlackRock (circa 10mila miliardi di dollari in gestione), che chiedeva ai manager di mezzo mondo di investire in modalità Esg. È di fatto entrata in crisi l’intera struttura messa a punto dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney: tante associazioni di settore sotto il grande ombrello della Glasgow Financial Alliance for Net Zero, il maxi network presentato alla Cop26 in Scozia. In particolare, c’è stata la fuga dall’associazione di assicurazioni, la Net-zero insurance alliance (Nzia).
Stessa sorte sta seguendo anche un’altra iniziativa avviata prima della Cop di Glasgow, Climate Action 100+ (CA100+), network di investitori lanciato nel 2017 per mettere pressione alle aziende sul taglio delle emissioni di CO2.
Le uscite degli americani
CA100+, secondo il sito ufficiale, conta attualmente più di 700 iscritti tra società di asset management, banche, assicurazioni e altri investitori istituzionali che gestiscono un totale di 68 trilioni di dollari.
La cifra già tiene conto delle recenti uscite delle società di investimento che fanno capo a JpMorgan e StateStreet, assenti infatti dal database dell’associazione. La stessa BlackRock è uscita, lasciando in Climate Action 100+ soltanto la divisione internazionale ovvero BlackRock International.
I motivi
Quali sono state le cause dei recenti abbandoni? Sull’agenzia Bloomberg viene sottolineato che nessuna delle società ha citato la politica tra le proprie motivazioni. Da mesi, però, ci sarebbe un pressing dei Repubblicani sugli aderenti ai network che puntano alla riduzione della CO2.
Fonte: Il Sole 24 Ore