Crisi idrica, il punto dei consorzi di bonifica. Circa 300 opere da tre miliardi di euro
Ci sono poi le programmazioni relative ai precedenti Piani invasi confluite nel Pniissi, che avevano già una dotazione finanziaria: circa 140 milioni relativi ai 34 progetti, completati circa al 30 per cento. E gli oltre 350 milioni sono relativi a progetti del Fondo di Coesione 2021/2027 e alla Pac 2023/2027, appena partiti.
Il nuovo Piano idrico
Quest’anno potrebbero anche essere assegnate le prime risorse per concretizzare il Pniissi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre scorso. Se la Legge di bilancio 2025 stanzia risorse per il Piano solo dal 2028 (si veda l’articolo a destra), i commi 706-708, relativi alla crisi idrica, autorizzano alla spesa oltre 145 milioni di euro, che vanno però ancora stanziati. A questo proposito, il Ministero delle Infrastrutture fa sapere che è in fase di definizione proprio lo stralcio attuativo per deliberare alcuni fondi, anche attraverso altre fonti finanziarie come il Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027. L’iter dovrebbe concludersi entro la prima metà dell’anno.
«I tre miliardi di risorse impegnate sul territorio sono una prima risposta, ma non sono sicuramente sufficienti a mettere in sicurezza il Paese, anche perché il gap da recuperare non è solo infrastrutturale. Dobbiamo immaginare un nuovo schema di gestione dell’acqua nel nostro territorio. In un Paese dove si consumano quasi due metri e mezzo di suolo al secondo», spiega Francesco Vincenzi, Presidente di Anbi.
«Nell’ultimo decennio sono stati spesi oltre 20 miliardi per risarcire i danni provocati da alluvioni, frane e siccità. Ma gestire l’emergenza costa sei, sette volte in più rispetto alle azioni di prevenzione e manutenzione dell’esistente. Basti pensare agli invasi: l’Italia è ferma al 10% della capacità di trattenimento dell’acqua. Spagna e Francia sono al 30%, ma hanno piani a cinque anni che porteranno la capacità di captazione al 50%», continua Vincenzi.
La situazione sul territorio
Territori aridi, soprattutto nelle aree interne, ed eventi estremi, concentrati nelle aree costiere, disegnano una situazione di allarme permanente. I dati della Fondazione Cima, che monitorano l’innevamento sui monti italiani, segnalano a metà gennaio un -63% rispetto al periodo 2011-2023. L’accumulo di neve è quindi ben al di sotto delle medie stagionali, con ripercussioni sulla disponibilità idrica dei bacini fluviali. A sud, la Sicilia è da tempo in stato di severità idrica e la situazione si presenta molto complicata nel sud Sardegna: mancano almeno 60 milioni di metri cubi di acqua. Così come in Puglia e in Basilicata, secondo l’ultimo Osservatorio sulle risorse idriche di Anbi del 23 gennaio.
Fonte: Il Sole 24 Ore