Cuamm insieme all’Africa per combattere mortalità femminile e infantile

Sono le due di notte e Neri Marcorè cammina per le vie deserte di Milano. Un uomo, lentamente, si avvicina, la paura lo travolge. Davanti a lui, però, c’è la platea del Lingotto di Torino, sono le 11 e 30 del mattino e si sta aprendo l’annuale meeting di Medici con l’Africa Cuamm. Marcorè continua il suo racconto: la figura spaventosa gli si avvicina, lo incrocia, gli sorride. Il suo volto si rilassa, il suo cuore si placa, <non è successo nulla – dice tra sé -, era solo un uomo>. Si apre così, smascherando la paura verso l’altro, l’incontro del Cuamm intitolato “La salute al centro. Per il futuro di tutti”. La Ong nata nel 1950 e prima in campo sanitario riconosciuta in Italia, è presente in nove paesi africani: Angola, Cosa d’Avorio, Etiopia, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda. Lavora in 21 ospedali, 116 distretti sanitari, supporta 843 strutture sanitarie, 4 scuole infermieri e una università (l’Università Cattolica del Mozambico, a Breira).

<Avete fatto e farete molto per l’Africa -, spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani salito sul palco del Lingotto -, e noi vogliamo continuare a essere il vostro punto di riferimento, non solo perché è necessario ma perché siamo convinti che l’Africa debba essere il nostro primo interlocutore. Che dobbiamo guardare però con lenti diverse, lenti africane, in una relazione paritaria di amicizia. Da qui nasce il piano Mattei, progetto in cui ho sempre creduto perché ritengo sia necessaria una strategia su questo continente, e non solo per salute ma anche per il cambiamento climatico che lo sta fortemente danneggiando. Ma il nostro impegno deve andare oltre. Noi abbiamo anche il dovere di accogliere chi soffre, non senza regole, per questo abbiamo lavorato per aumentare il decreto flussi per chi viene a lavorare nel nostro Paese. Aumenteremo anche le borse di studio per studenti che vogliono venire a studiare in Italia. Voglio poi aggiungere una cosa, ma qui non parlo a nome del Governo, ci sono tanti ragazzi stranieri che studiano in Italia, io credo che a questi ragazzi sia giusto dare la cittadinanza. Perché non è importante dove sono nati i nostri avi, non è importante che si sia figli di africani e arabi, ognuno di noi viene da lontano ed è giusto capire i cambiamenti della nostra società>. Sul palco dell’Auditorium Giovanni Agnelli si susseguono le testimonianze, artistiche, scientifiche, culturali, politiche. L’Africa fa sentire la sua voce. <Grazie al Cuamm per il lavoro che svolge nel mio Paese, soprattutto nel campo della formazione -, spiega Daguma Dereje, Ministro di Stato per la Programmazione dei servizi sanitari in Etiopia -. Le nostre sfide sono ancora grandi: la mortalità di mamme e bambini durante il parto, anche per mancanza di macchinari e farmaci, ma anche malattie infettive ed epidemie>. Un lavoro in crescita, quello dell’Italia in Etiopia, come spiega l’ambasciatore italiano nel Paese, Agostino Palese: <Stiamo investendo in sanità, educazione e lavoro perché è giusto che il Paese si rialzi e lo può fare solo dando speranza alle persone che ci vivono con programmi di emergenza ma anche di sviluppo>. Un lavoro faticoso, soprattutto in alcune regioni del Paese dove, come spiega Getachew Reda, Presidente della Regione del Tigray, in Etiopia <vanno ricostruite non solo le strutture ma anche l’intero sistema. Abbiamo spento le voci dei fucili, ma assistiamo ad un aumento della mortalità infantile e centinaia di migliaia di persone vivono senza servizi medici e servizi>. Un focus particolare viene dedicato alla protezione di mamme e bambini, campagna al centro del programma di Cuamm perché sono circa 280mila le donne che ogni anno nel mondo muoiono di parto, concentrate soprattutto in Africa Sub Sahariana. Lo testimonia sul palco Serge Boni, Presidente della Società dei Ginecologi e Osterici della Cosa d’Avorio: <in molte Regioni nel mio Paese nascere è ancora un problema. I nostri tassi di mortalità sono molto più alti della media europea. Per questo ringraziamo il Cuamm, per l’importante lavoro di supporto nell’allargare il lavoro dei nostri centri di maternità e neonatologia. Noi abbiamo l’ambizione di ridurre questa mortalità perché non c’è ingiustizia più grande della morte di una donna mentre mette al mondo un figlio>. Per lavorare con l’Africa e non per l’Africa, però, bisogna superare le resistenze. <Le nuovi generazioni africane-, spiega Romano Prodi sono molto ostili verso l’Europa, più delle generazioni dei genitori che hanno subito il colonialismo, ma per superare questa diffidenza servono progetti condivisi, come università paritarie tra Africa ed Europa per lavorare insieme>. Chiude l’evento Don Dante Carraro che ricorda: <la pace si costruisce concretamente, dando la possibilità di crescere ai Paesi Africani>.

Fonte: Il Sole 24 Ore