Cure saltate e ancora discriminazioni: per i malati di tumore il Covid è stato uno tsunami
Circa 2,8 milioni di screening oncologici saltati nei primi 17 mesi di pandemia, diagnosi di tumore arrivate in ritardo, interventi slittati, attese per le terapie, maggior ricorso alla sanità privata. E anche per chi è guarito dai tumori resistono le discriminazioni. La pandemia «ha rappresentato uno tsunami per i malati di cancro e ha portato allo scoperto i deficit strutturali e le contraddizioni del Servizio sanitario nazionale, che hanno causato una crisi del sistema». A lanciare il nuovo grido d’allarme è la Federazione associazioni di volontariato in oncologia (Favo) in vista della giornata del malato oncologico che si celebra domenica.
Un piano post-pandemia per il recupero delle cure
Per il ministro della Salute Roberto Speranza «la lotta ai tumori è una priorità a cui stiamo dedicando energie e risorse, anche per recuperare il tempo perduto nelle fasi più difficili dell’emergenza Covid», ma le associazioni di pazienti chiedono di più. E invocano con “«urgenza» un «Piano straordinario di recupero per l’Oncologia post-pandemia». Ogni anno in Italia sono diagnosticati circa 377.000 nuovi casi di tumori e sono oltre 3.600.000 le persone che vivono dopo una diagnosi. «Il Covid-19 ha dimostrato in modo ancora più evidente alcune criticità già presenti – ha sottolineato Sandro Pignata, responsabile scientifico Rete Oncologica Campana alla presentazione del 14/mo Rapporto sulla condizione del malato oncologico -. In alcuni territori, soprattutto quelle più colpiti dalla pandemia, si sono create dell’aree di sotto trattamento e sotto diagnosi. Numerose terapie e interventi sono stati sospesi e rimandati, così come gli screening e le attività di prevenzione».
Il buco nero degli screening oncologici
La mancanza di risorse e una carente organizzazione «sono il problema critico che affligge da sempre gli screening organizzati, da quello per il tumore alla mammella a quello del colon-retto. Questo è, forse, più evidente nelle Regioni del Sud», sottolinea Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening. Su questo problema strutturale la pandemia ha aggiunto un carico pesante: «Nei primi 17 mesi della pandemia sono stati effettuati almeno 4.480.000 inviti e 2.790.000 test di screening in meno». A fronte di questo, il Piano straordinario di recupero, chiede Favo, deve partire da azioni concrete per migliorare i percorsi ospedale-territorio e ridurre le liste di attesa. E il rapporto individua diverse risorse a cui attingere: 4 miliardi per il Piano Europeo di Lotta contro il Cancro, 625 milioni del Piano operativo per la sanità del Mezzogiorno, i finanziamenti per Salute previste dal Pnrr (15,6 miliardi) e un miliardo di stanziamenti per le liste di attesa.
Troppi ritardi nel varo del Piano oncologico nazionale
«I ritardi di accesso alle prestazioni oncologiche dovuti alla pandemia – spiega Paola Binetti, senatrice dell’Udc – non sono ancora stati recuperati. Nonostante nel 2021 ci sia stata una ripresa delle attività assistenziali, questa risulta ancora insufficiente». Accanto al Piano straordinario per il recupero dell’oncologia nel post-pandemia, però, aggiunge Binetti, «ribadiamo la necessità di approvare il nuovo Piano oncologico nazionale, di cui si parla da tempo e che, nonostante gli annunci, è tuttora il grande assente». Un rinvio stigmatizzato da Francesco De Lorenzo, presidente Favo. «I malati non possono aspettare i tempi della politica. A causa del continuo aumento delle diagnosi di tumore, si stima che entro il 2035 il numero di vite perse per tumori aumenterà di oltre il 24%, facendo del cancro la prima causa di morte in Europa».
Resistono le discriminazioni anche verso chi è guarito
Come detto oggi in Italia sono oltre 3,6 milioni le persone che vivono dopo una diagnosi di cancro (pari al 5,7% dell’intera popolazione). Di queste, 900mila possono considerarsi guarite, pur se con disabilità più o meno gravi, e il loro numero è destinato ad aumentare. «Il cancro non solo è curabile ma dalla malattia si può guarire. Di fatto però la guarigione non coincide ancora con il ripristino di tutte le condizioni della persona preesistenti alla malattia, non solo sul piano clinico, ma anche su quello sociale, economico e professionale», chiarisce Elisabetta Iannelli, Segretario Generale Favo. «Infatti, pur risultando guariti – conclude Iannelli – subiscono discriminazioni sul piano economico-sociale, in particolar modo per l’accesso ai servizi bancari e assicurativi. Va assicurato il ‘diritto all’oblio oncologico’ dell’ex malato il quale, trascorso un certo periodo di tempo dalla diagnosi e dalla conclusione dei trattamenti, non deve essere tenuto a dichiarare la pregressa patologia nel caso di richiesta di un finanziamento o di una copertura assicurativa caso morte».
Fonte: Il Sole 24 Ore