Da Android alla privacy: a I/O il mondo multidevice e smart secondo Google
È l’appuntamento clou dell’anno per la sterminata platea di sviluppatori che guardano al mondo Google (e a quello di Android in particolare) e anche l’edizione 2022 di I/O non ha tradito le attese, pur in assenza di annunci clamorosi. Innanzitutto il ritorno in presenza, anche se l’accesso allo Shoreline Amphitheatre di Mountain View è stato riservato solo a un numero ristretto di persone (la maggior parte dei partecipanti ha seguito i keynote e le sessioni verticali sul canale YouTube ufficiale). Nelle anticipazioni della vigilia si parlava della nuova release (la 13) del sistema operativo mobile, del nuovo smartphone Pixel di fascia media, di Wear OS ma anche (e come sempre) di aggiornamenti importanti per alcuni dei servizi chiave della galassia di BigG, come Maps e il motore di ricerca. Ecco gli annunci più importanti dell’I/O.
Il robottino verde fa 13
È il sistema operativo mobile più diffuso al mondo e la sottolineatura di Sameer Samat, Vice President per Google Play e Android, può sembrare superflua. Resta il fatto che sono oltre tre miliardi i dispositivi (fra telefoni, Tv, orologi e pure auto) attivi ogni mese in tutto il pianeta su cui gira Android e che nell’ultimo anno sono stati attivati più di un miliardo di nuovi smartphone con a bordo il software del robottino verde. Parlare di ecosistema (e di futuro) multidevice è quindi più che lecito e su Android 13 (di cui è stata già rilasciata la prima beta) il gigante californiano è al lavoro per portare un ampio carnet di aggiornamenti alla privacy (la crittografia end-to-end, per ora limitata alle conversazioni one-to-one), alle opzioni di personalizzazione e alla messaggistica Sms (con il nuovo standard Rich Communication Services).
Il Wallet arriva sui wearable
L’evoluzione di Android passa quindi per servizi digitali come il Google Wallet, pronto a sbarcare su Wear Os e a standardizzare il modo in cui si utilizzano e memorizzano carte di pagamento e fidelity card, biglietti per il trasporto e per gli eventi e altro ancora come le chiavi elettroniche della camera dell’hotel o i badge per entrare in ufficio. Più in là, entro la fine dell’anno (e iniziando dagli Usa) sarà la volta di patenti di guida e documenti di identità mentre in fase di sviluppo sono le integrazioni con altre applicazioni e servizi di Google, a cominciare da Maps (dove si potranno visualizzare i saldi della carte di transito quando si cercano indicazioni stradali). Dentro Android, inoltre, confluiranno ora anche i servizi di localizzazione di emergenza mentre su Wear OS (il cui parco installato è oggi tre volte superiore a quello dello scorso anno) sarà portato in tempi brevi Emergency SOS per gestire le chiamate di emergenza direttamente dal proprio orologio. E poi, ancora, migliorie dedicate alla user experience delle app sui tablet grazie ai nuovi attributi di Google Play. L’obiettivo di fondo, come ricorda Samat, è chiaro: semplificare e automatizzare il più possibile il “trasferimento” di contenuti multimediali (o anche di un indirizzo Internet) da un dispositivo all’altro, dal telefono al Chromebook, dal tablet alla Tv, o viceversa. Un mondo multi dispositivo, in due parole.
La casa intelligente aspetta Matter
La nuova era della casa intelligente, basata sull’apertura (di piattaforme e protocolli) e sulla collaborazione, è molto prossima a noi. Lo ha detto Michele Turner, Senior Director di Google Home Ecosystems, e questa volta ci sono molti presupposti che sia vero. Niente più problemi a usare dispositivi di marche diverse per gestire le luci o riscaldare la casa, insomma, e questo grazie a Matter, il nuovo standard per co-sviluppato da BigG con il gotha delle aziende tech mondiali. Di questa “tecnologia” si parla da un po’ e finalmente il suo lancio dovrebbe concretizzarsi nel corso di quest’anno. Cosa cambierà per gli utenti? Acquistando un dispositivo abilitato a Matter, basteranno pochi e semplici passaggi (sui device Android gestirà il tutto funzione Fast Pair) per collegarlo via Wi-Fi alla rete domestica, a un altro ecosistema di smart home e alle proprie app preferite. I dispositivi della famiglia Nest, conferma il manager di Google, saranno trasformati di fatto in controller Matter e questo permetterà di connettere tutti gli apparecchi abilitati a Google Home e di controllarli sia localmente sia a distanza con l’app Google Home, i comandi disponibili sul telefono Android o Google Assistant. E per gli sviluppatori (per cui dal 30 giugno sarà disponibile una Developer Console per semplificare la creazione applicazioni Matter) non ci sarà più bisogno di costruire più versioni di un dispositivo e di un app per la casa intelligente per funzionare in diversi ecosistemi ma solo una, che opererà con Google Home e le altre piattaforme di smart home.
Nei nuovi smartphone e smartwatch l’intelligenza dei chip proprietari
Da Google dicono che l’hardware e il software oggi a disposizione di milioni e milioni di utenti derivano da uno studio approfondito sull’ambient computing e gli smartphone che arricchiscono da oggi la famiglia Pixel non fanno eccezione. L’intelligenza di Google, insomma, si deve adattare all’utente in modo non invasivo e e non intrusivo, sfruttando il concetto di funzionalità multi device e una sicurezza dei dati integrata sempre maggiore. Con Tensor, il primo system on chip mobile “made in Mountain View”, sono nati i Pixel 6 e Pixel 6 Pro e ora è il turno di Pixel 6a, che scendo in campo con il corredo degli auricolari Pixel Buds Pro, a loro volta dotati di un nuovo processore audio a 6 core in grado di eseguire algoritmi sviluppati dagli ingegneri di Google. I/O è stata anche l’occasione per togliere i veli al nuovo Pixel Watch, il primo orologio completamente costruito in casa (sarà disponibile a partire dall’autunno) che si presenta con un design circolare a cupola, corpo in acciaio inossidabile riciclato e le funzionalità di Wear OS combinate con i servizi per la salute e il fitness di Fitbit. Equipaggiato con Tensor, infine, sarà anche un nuovo tablet Android, pensato per essere il “companion” ideale dello smartphone.
Fonte: Il Sole 24 Ore