
Dagli investimenti negli Usa all’acquisto di gnl, ecco su che cosa punta Meloni per convincere Trump
Partita complessa
Una partita complessa quella del faccia a faccia con Trump, dunque, a cui si lavora da settimane a Palazzo Chigi, dove nel tardo pomeriggio di martedì 15 aprile la premier ha riunito i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e i ministri Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto e Tommaso Foti. Poco prima, davanti a una platea di imprenditori che da settimane sono in fibrillazione per i dazi annunciati e poi sospesi da Trump, la premier ha ammesso che «è un momento difficile, vediamo come va nelle prossime ore. Non sento alcuna pressione come potete immaginare per i miei prossimi due giorni…», ha aggiunto con una punta di forzata ironia pensando a quella che Tajani ha definito «una missione di pace commerciale».
La presidente del Consiglio si è detta «consapevole di quello che rappresento e sono consapevole di quello che sto difendendo». Da difendere ci sono l’export italiano ed europeo, che rischiano di pagare care le barriere commerciali americane, ma anche, secondo lei, l’unità dell’Occidente. Perché, resta la sua tesi, una guerra commerciale non conviene né agli Usa né all’Ue. «Con l’export produciamo ricchezza anche per gli altri – ha notato Meloni -, ed è bene per tutti continuare ad avere a che fare con l’Italia, perché l’Italia è in grado di produrre benessere, eccellenza e ricchezza». Gli imprenditori «sono con lei», ha assicurato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini alla premier, auspicando che con Trump «trovi una sintesi positiva per l’Europa».
La cornice europea
Ed è nella cornice europea, con una serie di contatti costanti in questi giorni con Ursula von der Leyen, che Meloni ha costruito la strategia per convincere Trump al dialogo. Anche se finora, dopo il primo round di confronti con il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic, la proposta europea di un mercato libero transatlantico è stata respinta dagli americani. Mentre è sempre più eclatante il braccio di ferro tra Usa e Cina.
L’aumento delle spese militari in ambito Nato
Sul dossier Nato, spiegano fonti di governo, è in corso una ricognizione tecnica per individuare nuovi capitoli di spesa che si possono includere per arrivare alla quota del 2% rispetto al Pil, ad esempio la cybersicurezza. I calcoli dovrebbero concludersi a breve, ma per raggiungere il risultato non è escluso che servano ulteriori stanziamenti. Il tema Nato è stato affrontato da Meloni anche nell’incontro con il primo ministro della Norvegia Jonas Gahr Store, che ha ricordato di aver già superato il 3%, e ha concordato con la premier italiana sul fatto che «come ci difendiamo e da cosa ci difendiamo debbano essere il punto di partenza, non solo cifre e percentuali». Meloni assicurerà al presidente Usa che l’Italia è pronta a raggiungere il traguardo del 2% mettendo nei prossimi mesi altri 10 miliardi per la difesa e sosterrà l’ulteriore aumento che stabilirà il vertice Nato presumibilmente fissandolo al 3,5%. Un ulteriore incremento di spesa che in Italia vale oggi oltre 30 miliardi.
L’acquisto di gas naturale liquefatto dagli Usa
Va capito in quale entità l’Italia può acquistare gas naturale liquefatto, che è una delle richieste di Trump per riequilibrare il deficit commerciale con la Ue, e armi dagli Stati Uniti, assecondando la strategia che sta prendendo corpo a Bruxelles per scongiurare una guerra commerciale. Sul fronte del Gnl, Bruxelles si è detta pronta a rafforzare la diversificazione delle fonti energetiche, dopo il progressivo distacco dal gas russo, e ha sottolineato che «gli Stati Uniti sono assolutamente una delle opzioni possibili».
Fonte: Il Sole 24 Ore