Dai militari italiani sul campo al pressing dell’Italia sulle regole di ingaggio, quello che c’è da sapere su Unifil

La missione Onu Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), al centro in queste ore degli attacchi dell’esercito israeliano (Israeli Defence Force, Idf), è nata con la Risoluzione 425 del 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive Risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. Il premier israeliano Netanyahu ha esortato l’Onu a rimuovere l’Unifil dalle roccaforti e dalle aree di combattimento di Hezbollah. Il mandato viene rinnovato ogni anno dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’area di operazioni dei caschi blu è delimitata dal fiume Litani a nord e dalla Linea Blu a sud.

La risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

La Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata approvata nell’agosto del 2006 durante l’allora round di guerra tra Hezbollah e Israele. Con questa risoluzione sono state definite anche le regole d’ingaggio dei caschi blu dell’Onu. Dopo aver chiesto, prima di tutto, la cessazione delle ostilità tra le parti e il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano, la risoluzione prevedeva – e prevede ancora oggi – il dispiegamento dell’esercito regolare libanese e il rafforzamento della missione militare Onu di interposizione (Unifil).

Le regole d’ingaggio

I caschi blu possono assistere l’esercito libanese nel garantire la sicurezza e stabilità nella loro area operativa, ma devono sempre operare sotto il coordinamento e la guida del comando dell’esercito di Beirut, rispettando la sovranità libanese. Le regole d’ingaggio prevedono che l’uso della forza debba essere sempre proporzionale alla minaccia percepita e limitato al minimo necessario per ottenere l’effetto desiderato. Ai caschi blu è consentito l’uso della forza solo per autodifesa. Le operazioni devono essere strettamente coordinate con le forze libanesi. Queste, di fatto, almeno fino a metà settembre scorso, sono sempre rimaste in stretto contatto con Hezbollah, tramite ufficiali di collegamento tra il Partito di Dio e l’intelligence militare libanese.

Il pressing dell’Italia per rivedere il mandato della missione

L’Italia chiede che vengano riviste le regole d’ingaggio. Da mesi il ministro della Difesa Guido Crosetto sollecita l’Onu a mettere mani a soluzioni inadeguate. «Il mandato emanato per Unifil è adeguato» ha sottolineato per ultimo il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, intervenuto al programma “In mezzora” su Rai 3, il 13 ottobre . «Ciò che non è adeguato e che mi ha creato spesso frustrazione anche nei confronti della popolazione locale sono le regole d’ingaggio che non sono proporzionali ai compiti assegnati alla forza, tra cui la capacità e la necessità di disarmo dei gruppi armati in Libano, nella fattispecie Hezbollah», ha aggiunto. Quella sulla validità attuale della missione Unifil «è una riflessione che sto facendo da più di sei mesi con l’Onu e che lascio quindi alle mie interlocuzioni quotidiane con le Nazioni Unite», ha confidato Crosetto.

La partecipazione dei militari italiani

Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 1.256 militari, 374 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei. In ambito nazionale l’operazione è denominata “Leonte”. Allo stato attuale i militari italiani in Libano sono 1068. Dal 2 agosto 2024 il generale di brigata dell’esercito Stefano Messina è al comando del Settore Ovest di Unifil e della Joint Task Force italiana in Libano (JTF L-SW), principalmente composta da militari della Brigata “Sassari”. Nell’ambito del Sector West, operano circa 3.500 caschi blu di 16 delle 49 nazioni schierate nella regione ovest del Paese dei cedri. Operano, in particolare, militari di Armenia, Brasile, Brunei Darussalam, Corea del Sud, Ghana, Irlanda, Kazakistan, Macedonia del Nord, Lettonia, Malesia, Malta, Moldavia, Polonia, Serbia, Tanzania e Ungheria. Il settore Ovest di Unifil è suddiviso in cinque aree di intervento in cui, oltre al contingente italiano, operano un battaglione della Corea del Sud, uno malese, uno ghanese e uno misto irlandese-polacco. Dei circa mille militari italiani, 500 appartengono alla Brigata Sassari. Operano nelle basi di Shama, Al Manosuri e nelle postazioni avanzate UNP 1-31 e UNP 1-32 A, che sorgono a risosso della Blue line.

Fonte: Il Sole 24 Ore